Eventi e cultura
4 Maggio 2020
Nel 1996 donò alla città una collezione di opere di De Pisis del valore di 5 miliardi di lire

La strada indicata da Franca Fenga Malabotta per Ferrara

di Redazione | 5 min

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Si è spenta martedì scorso a 96 anni, nella sua casa di Trieste, Franca Fenga Malabotta. A lei si deve la donazione alla città di Ferrara di diverse opere di De Pisis, entrate nella collezione del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea. Pubblichiamo di seguito un prezioso ricordo di Andrea Buzzoni, già direttore artistico di Ferrara Arte e promotore di numerose mostre di successo a Palazzo dei Diamanti.

Di Andrea Buzzoni

Ricordo benissimo la mattina assolata della primavera del 1996 nella quale entrai nel bellissimo e luminosissimo appartamento triestino di Franca Fenga Malabotta: molti dei capolavori di Filippo de Pisis che guardavo, studiavo e amavo da più di venti anni mi accolsero fino dall’ingresso e mi diedero il benvenuto. E lei, Franca? Alta, raffinata, intelligente, gentile, la voce un po’ roca, di primo acchito mi apparve come l’affascinante vestale di quei quadri. Non impiegai molto ad accorgermi che in realtà era molto, molto più di questo.

Nel 1996 ricorreva il Centenario della nascita di Filippo de Pisis e Ferrara non poteva non ricordarlo adeguatamente. Doveva allestire una mostra e un catalogo degni di lui. Era impossibile farlo senza i dipinti, i disegni e la grafica della collezione di Manlio e Franca Malabotta. Per questo le domandai quell’appuntamento: per chiederle dei prestiti. Di ciò, in realtà, si parlò molto più tardi. Prima Franca cercò di conoscermi, volle sapere dove e con chi avevo studiato storia dell’arte, che cosa avevo fatto nella vita prima di tornare a Ferrara e che cosa una volta rientrato nella mia città.

Mi accorsi subito che mi stava esaminando e che dalle mie risposte sarebbe dipesa la sua generosità nella concessione dei prestiti e, come è nel mio carattere, decisi di non usare nessuna strategia, di dire la verità e mostrarmi come ero. Risposi con sincerità ad ogni domanda: perché amavo De Pisis, come volevo fare la mostra, come gestivo la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea e Ferrara Arte e, ancora, tanto, tanto altro.

Quando le raccontai che volevo fare l’esposizione con non più di ottanta dipinti poco mancò che mi abbracciasse. Anche lei, come e più di me, credeva per De Pisis, ma non solo per lui, in una mostra selezionatissima. Quanto mi rimproverò, in seguito, la scelta sbagliata di qualche opera. Dire che andò bene è dire poco: nacque un’amicizia. Mi disse di scegliere quello che volevo. E capii che cosa erano i quadri di De Pisis per Franca: “una ragione di vita”, come lei stessa ha poi scritto.

“I miei De Pisis partivano e tornavano [ndr. per le mostre e dalle mostre]; la mia ambizione era proprio vederli partire e tornare. Oggi, dalla mia vita privata sono partiti verso una vita aperta a tutti. Ma per ricordare degnamente chi della collezione era stato l’artefice appassionato, non v’era altro modo che affidarla alla custodia e alla cura di un’istituzione museale pubblica. E’ stata una trasformazione indicibile, una rivoluzione. La mia casa si è impoverita, e non saprei resistere al dolore di questa assenza se non avessi la certezza che, di ciò che io ho perduto, si è arricchita una città, una società, la comunità senza frontiere degli amanti dell’arte.”

Così scrisse Franca, nel 1998, ne “I de Pisis di Manlio e Franca Malabotta. Catalogo generale completamente illustrato” di tutte le opere che lei donò a Ferrara e per essa al Museo d’Arte Moderna e Contemporanea che nacque proprio allora e fu intitolato a “Filippo de Pisis”.

E’ inutile che provi a descrivere i sentimenti e le emozioni che provai quando, nel settembre del 1996, prima dell’inaugurazione della mostra, Franca mi confidò che aveva deciso di donare tutti i De Pisis di Manlio Malabotta e suoi a Ferrara. Non troverei le parole. E’ meglio che racconti come cercai di ripagarla di quel gesto straordinario e così raro nel nostro paese. Restaurammo le sale della Galleria Massari per poterle ospitare.

Pubblicammo il catalogo completo della donazione. Proposi al Sindaco Roberto Soffritti, che fu subito d’accordo, di darle il più alto riconoscimento che la città potesse tributarle: la cittadinanza onoraria. Franca ne fu felice. La ricevette nel Salone d’Onore di Palazzo Massari dove ebbe luogo la cerimonia che ben presto perse, però, i connotati dell’ufficialità per trasformarsi in un abbraccio affettuoso e colmo di sincera e profonda gratitudine con il quale i presenti hanno accolto nella loro comunità quella donna straordinaria.

Un abbraccio che si è rinnovato ogni volta che Franca ha fatto ritorno a Ferrara, e non solo da parte del direttore e dei funzionari delle Gallerie, ma dei cittadini ferraresi che, riconoscendola, hanno continuato a distanza di anni a dirle la loro ammirazione e gratitudine e, cosa ancora più importante, a manifestarle il loro affetto in modo così sincero e spontaneo da far sì che la città sia diventata per lei una seconda famiglia. Mi chiese aiuto quando dovette scrivere l’atto di donazione contenente le condizioni al cui rispetto vincolava il beneficiario pena la decadenza della donazione stessa.

L’aiuto glielo diedi con gioia e, spogliandomi totalmente dell’abito di direttore, posi al museo e a me stesso, che pro tempore lo dirigevo, delle condizioni durissime, tutte votate a salvaguardare l’identità della raccolta e dei suoi artefici. Un esempio? L’obbligo di esporla tutta assieme, senza mai dividerla, per nessuna ragione, e nel nome di Manlio e Franca Malabotta.

Un obbligo che mi appare ancor oggi sacrosanto ma che sapevo avrebbe rappresentato per me -come per ogni direttore di museo- una vera e propria tortura. Il Sindaco Soffritti, infine, scrisse nella sua presentazione al catalogo della raccolta, che –una volta terminati i lavori di restauro di Palazzo Prosperi-Sacrati- il Museo d’Arte Moderna e Contemporaneaa “Filippo de Pisis” e i “De Pisis di Manlio e Franca Malabotta” vi avrebbero avuto “una sede ancor più prestigiosa” accrescendo anche dal punto di vista museografico, aggiungo io, il peso dell’arte moderna e contemporanea nelle strategie culturali della città.

Ma non è tutto. Se Franca Fenga Malabotta ha fatto quella scelta è anche perché ha visto in Ferrara una città attenta sia alla conservazione (ricerca,tutela, restauro e didattica) che alla valorizzazione del suo patrimonio storico-artistico, sia alla produzione che alla diffusione della cultura figurativa. Allora occorre proseguire lungo quella strada. Solo così potremo dire di avere meritato fino in fondo ciò che Franca ha fatto per Ferrara.

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