Attualità
27 Aprile 2020
Il festival tornerà nel Parco Urbano nel 2021. Maurizio Cenci: "Ci voleva un'epidemia per fermarci"

Vulandra, il cielo di Ferrara per la prima volta senza aquiloni da 40 anni

di Redazione | 3 min

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Sarebbe stata la quarantunesima edizione di uno dei festival più longevi di Ferrara e a livello aquilonistico uno dei più longevi in Italia e forse anche un po’ più in là. Stiamo parlando della Vulandra, l’associazione con sede a Pontelagoscuro da cui prende il nome anche il Festival Internazionale degli Aquiloni che ogni anno si svolge a Ferrara intorno al ponte che dalla festività di San Giorgio porta alla Festa della Liberazione.

“Ci voleva un’epidemia per fermarci – ci dice Maurizio Cenci, presidente dell’associazione -; non aver mai saltato un anno dal 1980 non è cosa da poco”. Dovremo aspettare il 2021 ma gli aquiloni torneranno a volare sul Parco Urbano.

“Una manifestazione collaudata, con una sua impronta”, che cerca di portare avanti una propria filosofia, quella di non essere “un festival competitivo ma un festival espositivo”. Anche quest’anno, come ogni anno si sarebbe partiti da un modello di aquilone, un Geo Pointer, e da qui ogni invitato avrebbe dovuto dare sfogo alla propria creatività e costruirne una propria versione. Anche senza la competizione “c’è sempre il piacere di mostrare le cose nuove che si fanno, la propria abilità e la propria fantasia” e per il pubblico la possibilità di “soddisfare la propria curiosità o essere stimolati da aquiloni molto particolari”.

Per ovviare, almeno in parte, a questa assenza, durante il prossimo fine settimana ci sarà la possibilità di vedere almeno in foto gli aquiloni che avrebbero partecipato quest’anno alla manifestazione.

La Vulandra però non è solo un festival, è anche e soprattutto un’associazione. “Siamo sempre in attività durante l’anno – spiega Maurizio Cenci –, per organizzare il festival, per partecipare ad altri festival ma anche per fare laboratori nelle scuole”. Non si tratta di workshop nei quali si impara solamente a costruire un aquilone ma si racconta anche la storia e quindi l’utilizzo che se ne è fatto.

“Molte persone lo considerano un gioco ma è stato usato, in particolare durante ‘700 e ‘800, da ingegneri per capire le dinamiche del volo, per fare ricerche meteorologiche, per la fotografia”. Un aspetto affascinante e poco conosciuto dietro al quale “c’è un aspetto tecnico che molte persone non conoscono”. A volte questa proposta è stata fatto anche all’interno del festival, negli anni si è infatti cercato di esporre alcune particolarità degli aquiloni storici. “Un anno abbiamo esposto la riproduzione di un aquilone e del sistema fotografico ad esso connesso per fotografare dall’alto”, un drone ante litteram si potrebbe dire.

Attività per tutte le età e per tutti i gusti, dai bambini fino all’università. “Vent’anni fa un professore di fisica fece una lezione sul perché vola un aquilone, un esperienza per noi molto interessante e curiosa”. La curiosità e la creatività sono probabilmente due componenti fondamentali per portare avanti questa passione.

“Per me costruire un aquilone è una cosa estremamente creativa – conclude Maurizio Cenci – che si unisce al fascino del volo. Tutti quanti abbiamo sognato di volare e se non lo possiamo fare noi lo facciamo fare a un oggetto. Ci sono quindi due aspetti, uno tecnico e uno artistico creativo. A me piace molto abbinare queste due cose”.

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