Terre del Reno
12 Febbraio 2020
Due anni di reclusione (con sospensione condizionale) per il titolare della Far di Dosso, tre anni per l'amministratore della Fenice Srl. Disposta la confisca di 630mila euro dai loro patrimoni

Due condanne per la truffa sui fondi post sisma

di Daniele Oppo | 2 min

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Dosso. Tre anni di reclusione con interdizione dai pubblici uffici per cinque anni a carico di Cristiano Garutti, amministratore della Fenice Srl. Due anni con sospensione condizionale e beneficio della non menzione nel casellario giudiziale per Gianluca Alberghini, titolare della Far di Dosso.

Sono due le condanne nel processo per una delle più grosse truffe scoperte dalla Guardia di Finanza nell’ambito della distribuzione dei fondi post sisma finora arrivate a giudizio nel Ferrarese. E sono arrivate per i due amministratori delle due principali società coinvolte: la Far, che subì realmente dei danni nel sisma del 2012 e ricevette legittimamente gli aiuti della Regione; e la Fenice, che eseguì dei lavori che, secondo l’accusa, in buona parte non vennero mai svolti realmente, va vennero comunque rendicontati per ottenere i fondi con fatture false per circa 730mila euro.

Per entrambi i giudici Vartan Giacomelli (presidente), Alessandra Martinelli e Andrea Migliorelli hanno stabilito anche la confisca di beni per equivalente pari a poco meno di 243mila euro per Alberghini (difeso dall’avvocato Beatrice Capri) e 386mila euro per Garutti (avvocato Gianluca Filippone). Dovranno anche pagare – oltre le spese – anche 10mila euro di danni alla Regione.

Tutti assolti invece gli altri imputati: Stefano Anselmi (amministratore anche lui della Fenice, difeso dall’avvocato Alberto Bova) per non aver commesso il fatto, mentre Fabiana Borsari (Future Home Immobiliare, avvocato Filippone), Mara Vaccari (Immobiltre, avvocato Enrico Zambardi) e Filiberto Trevisani (Omnia srl, avvocato Zambardi) perché il fatto non costituisce reato.

I giudici hanno anche disposto la trasmissione degli atti alla procura, come aveva chiesto il pm Isabella Cavallari in sede di requisitoria, per valutare l’ipotesi di riciclaggio a carico di Anselmi e di un altro soggetto non imputato, ma il cui nome è venuto fuori nel corso dell’istruttoria dibattimentale.

La procura aveva chiesto condanne molto più severe e per tutti gli imputati, considerando che fossero loro – e loro società ‘di comodo’ – ad aver ricevuto proprio i proventi della truffa, cosa che fece scattare anche l’accusa di riciclaggio.

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