di Giada Magnani
Argenta. Domizio se n’è andato: se n’è andato per sempre, come il figlio Denis, Denis Bergamini, che si è portato con sé, nel cuore, insieme alla rabbia e al dolore di essere stato ad un passo, ma di non essere riuscito a scoprire la verità e fare quindi giustizia sulla prematura scomparsa del suo giovane e amatissimo figlio.
Ma questo obiettivo resta sempre nel mirino dell’altra figlia. Donata, sorella di Denis. Che, col padre ormai defunto, da 30 anni a questa parte persegue questo scopo: cercare chi ha davvero ucciso Denis, come e perché. Motivi, fatti e persone che, vestiti nei panni di una ipotetica quanto improbabile teoria del suicidio, si sarebbero in seguito rivelati di tutt’altra natura, quantomeno presunta. Questo stando in sostanza alla riapertura del caso, grazie soprattutto all’impegno e alla determinazione del legale di famiglia, l’avvocato Fabio Anselmo. E del procuratore di Castrovillari Enrico Facciolla, che ha riavviato le indagini, ma che è stato poi trasferito a Potenza, nonostante una petizione popolare che ha raccolto 5000 firme per farlo tornare al suo posto.
“Io tuttavia non mollo – ha commentato Donata nel suo commiato sulla bara del papà – e continuerò a battermi: non demordo, non abbandono la lotta”. Una dichiarazione che ha ripetuto nel corso del funerale, tra lacrime di dolore e un velato attimo di stizza. “A papà era tornato il sorriso – ha spiegato – ma poi qualcuno glielo ha tolto”. Chiaro il riferimento alla vicenda Facciolla. Ecco insomma in sintesi il filo conduttore dei commenti che hanno tracciato lo svolgersi delle esequie di Domizio Bergamini, il padre di Denis, il calciatore di Boccaleone che a fine anni 80 militava nelle fila del Cosenza, ma negli ultimi tempi messo sotto osservazione da una importante squadra del campionato di serie A. Per cause eufemisticamente definite “misteriose”, comunque tutte da svelare, sarebbe morto travolto da un camion (con un carico di 70 quintali di mandarini) sulla Statale Jonica, a Roseto Capo Spulico, senza però riportare ferite sostanzialmente riconducibili allo schiacciamento del corpo sotto quel peso. Ecco uno dei interrogativi per cui in famiglia nessuno ha mai creduto a questa tesi. Anzi. Da 30 anni hanno ingaggiato una lunga battaglia, portata avanti tra alti e bassi, sconfitte e successi, insabbiamenti e falsità.
Di Domizio, scomparso giovedì in ospedale ad Argenta all’età di 79 anni, con un passato professionale di imprenditore agricolo e commerciante, resta ancora nella memoria collettiva un suo intervento alla tv. Quando, intervistato dalla troupe di Rai 3 per la trasmissione “Chi l’ha visto”, dichiarò di aver rispedito al mittente un’offerta per chiudere la partita “di un miliardo di lire e della condanna per omicidio colposo dell’autotrasportatore” che avrebbe investito il figlio. Ai funerali in molti gli hanno voluto tributare l’ultimo saluto: amici, parenti, compaesani, esponenti delle istituzioni (sindaco Andrea Baldini in testa a conferma del cordoglio e del lutto dell’intera comunità), della politica, del mondo dello sport, dell’associazione “Verità per Denis”. Da Cosenza è stata inviata una composizione di fiori dai colori rossoblu, firmata da una delegazione di tifosi della formazione calabrese, che hanno così voluto omaggiare il loro indimenticato ex centrocampista. Nella camera ardente, allestita al Mazzolani-Vandini, don Fulvio Bresciani ha dispensato la benedizione alla salma che, al termine di questa breve ma intensa cerimonia, è stata trasferita nell’area crematoria del cimitero di Molinella.
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