Il 26 gennaio prossimo si svolgeranno le elezioni regionali in Emilia Romagna, è cosa nota che circa l’80 % del bilancio delle regioni riguarda la Sanità, questo dovrebbe indurre tutti i candidati a parlare in gran parte delle questioni sanitarie, a maggior ragione in questi tempi di tagli ai finanziamenti e mentre assistiamo ad un progressivo invecchiamento della popolazione con tutte le implicazioni sanitarie e sociali che ne conseguono.
Purtroppo assistiamo ad una campagna elettorale timida sui temi importanti e condizionata da fuorvianti questioni nazionali.
Nel senso comune della maggior parte dei cittadini si fa strada la convinzione che in Emilia Romagna ci sia la migliore sanità rispetto a tutte le altre regioni. Probabilmente in passato è stato cosi, ma ora la situazione è peggiorata ed a fronte di alcuni casi di eccellenza, si sta sempre più evidenziando una forte criticità in alcuni settori: nella prevenzione, con lunghissime liste d’attesa che spingono il cittadino verso il privato; nei pronto soccorso, con lunghe e snervanti attese per il proprio turno, col rischio di essere dimessi sbrigativamente con una diagnosi sbagliata o superficiale.
Ma la criticità maggiore la ritroviamo nel campo della cronicità che per la maggior parte colpisce le persone anziane, ma non solo.
Per queste persone vi è la tendenza a non considerarle persone malate, scaricandole di conseguenza sul settore assistenziale e sulle famiglie senza il necessario sostegno medico ed economico, mentre sono portatori di diritti sanitari a tutti gli effetti. In un documento dell’Ordine dei medici di Torino del 2015 si precisa che : “Gli anziani malati cronici non autosufficienti e le persone affette da demenza senile sono soggetti colpiti da gravi patologie che hanno avuto come esito la devastante compromissione della loro autosufficienza e pertanto hanno in tutti i casi esigenze sanitarie e socio sanitarie indifferibili in relazione ai loro quadri clinici e patologici” .
La regione Emilia Romagna e di conseguenza anche Ferrara, non è immune a questa forma di mala gestione, non in linea con la normativa nazionale di riferimento: le Regioni ed i Comuni possono migliorare la qualità dei servizi previsti dalla normativa nazionale, ma non possono peggiorarla.
I LEA (Livelli essenziali di assistenza), stabiliscono che “a tutti i cittadini viene garantito un percorso assistenziale integrato che include, se necessario, sia le prestazioni sanitarie, sia le prestazioni sociali.”
Questi diritti di fatto non vengono sempre garantiti, per cui troppo spesso questi malati vengono posti in illegittime e poco trasparenti liste di attesa, scaricandone il peso umano ed economico sulle famiglie, che non hanno nessun obbligo giuridico di svolgere le attività assegnate dalla Legge al Servizio Sanitario Nazionale: contrariamente a quanto sostengono diversi operatori forse male informati.
A Ferrara in particolare, capita normalmente che una persona ricoverata con patologia acuta, dopo pochi giorni venga posta in dimissione anche di fronte all’evidenza del permanere di una condizione che necessita di ulteriori cure e senza prevedere una necessaria riabilitazione. Come conseguenza, di fronte all’impossibilità da parte dei familiari di accettare a casa il proprio congiunto, il malato non autosufficiente viene spostato in RSA o Residenza Protetta in regime di convenzione per 30 giorni per poi rimanere in lista d’attesa nella stessa o altra struttura, con contratto privato accollandosi l’intera Retta, per diversi mesi o anni: questo equivale alla negazione del diritto soggettivo ed indifferibile alla continuità terapeutica e contemporaneamente si espone la famiglia ad una situazione di povertà ed a volte di vera e propria miseria.
Su questo in particolare ci attendiamo, dai Candidati alle prossime regionali, precise dichiarazioni ed impegni: lo devono ai cittadini dell’Emilia Romagna e, nel nostro caso, ai Ferraresi.
Andrea Ricci – Sanità oggi Ferrara