Copparo
29 Novembre 2019
Dal racconto di Cervellati agli inquirenti tutti i tratti distintivi del femminicidio di Cinzia Fusi

“Se non c’era il mattarello le avrei dato due schiaffi ed ero a posto”

Saverio Cervellati
di Daniele Oppo | 4 min

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Saverio Cervellati

Saverio Cervellati

Copparo. “Se lei non mi faceva arrabbiare, non sono mai stato cattivo io”. È forse la frase più emblematica di un femminicidio e forse non è un caso che a pronunciarla sia stato Saverio Cervellati (52 anni), l’uomo che il 24 agosto ha ucciso a colpi di mattarello Cinzia Fusi (34 anni), sua ex compagna e dipendente, in una pertinenza del suo negozio “Spendi Bene”.

E non è l’unica, perché al pubblico ministero e ai carabinieri che lo interrogano subito dopo i fatti, le ‘spiegazioni’ di Cervellati addossano – magari anche solo in maniera inconscia – la responsabilità di quella violenza nella stessa vittima rea, ad esempio, di aver sfidato la sua intenzione di prenderla a schiaffi come già aveva fatto circa una settimana prima, dicendogli che si sarebbe difesa proprio con il mattarello: “L’ho picchiata, ma se non c’era il coso [il mattarello, ndr] gli davo degli schiaffi e poteva fare a meno di avere quella cosa, gli davo due schiaffi ed ero a posto. E dopo non lo so. È morta”.

E anche il motivo da cui sarebbe nata la lite fatale, avvenuta nel garage di via Primicello mentre si preparavano per andare al mare, è indice dello ‘spossessamento’ da lui percepito: la Fusi, come già la prima volta che l’aveva presa a schiaffi davanti a testimoni in un bar, le aveva fatto chiaramente intendere che frequentava altre persone – “lei lo faceva apposta per ingelosirmi” – ed era una situazione che andava avanti da diverso tempo: “Con uno faceva mille messaggi. Era sempre lì che faceva messaggi. Lo faceva apposta per farmi ingelosire, per farmi arrabbiare. Però dopo non diceva più niente. Le passava”.

Forse il primo episodio di violenza noto non è stato l’unico: “Due volte che usciva poi dopo che ritornava da me, mi arrabbiavo un attimo. Al limite le davo una ceffa. Però… basta”.
Possesso e senso di essere usato sono elementi che ritornano spesso nel racconto del 52enne, dal quale traspare l’esistenza di un rapporto sentimentale in esaurimento dopo 6 anni, ma anche un rapporto personale non del tutto chiuso (e d’altronde stavano per andare al mare insieme). Cervellati, ad esempio, sostiene a più riprese di essere stato “usato” dalla Fusi, facendolo spesso dire a lei, alla quale addossa anche la rottura del suo rapporto matrimoniale: “Io sono scappato di casa. Me l’ha chiesto lei di lasciar la casa. Con tante bugie a casa mia. Dicendo che non andavo d’accordo con mia moglie. Non era vero. Sono andato via perché mi voleva lei. Ho lasciato 2 figli e aveva detto ‘rimani con me che sono sola’ e allora sono rimasto con lei. Io l’ho sempre voluto un bene da matti. Mi ha sempre usato, mi diceva ‘sei vecchio allora ti faccio fare quello che voglio’. E io ho sbagliato”. Ancora: “Me l’ha sempre detto che ero troppo possessivo, ma faceva apposta, faceva sempre così. Mi ha sempre detto ‘ti tengo perché mi servi’” o  “Mi diceva ‘tu sei troppo morboso’, ma cioè ti voglio bene, lo faccio e adesso m’aveva detto ‘basta, non vieni più a dormire da me, non ti voglio più’”.

Infatti i due neppure dormivano più assieme da diverso diverso tempo. Quel giorno lui trascorre la notte a casa della moglie, poi alle 6 del mattino le scrive, chiedendole se voglia andare al mare. Si organizzano per vedersi alle 7 nel garage, dove lei entra con la sua auto a marcia indietro e, mentre sistemano le borse da portare via, scoppia la lite: cinque, dieci minuti di violenza totale in cui Cervellati rompe la testa alla Fusi, poi credendola morta va in tilt: si cambia più volte la maglietta e le scarpe. Esce, butta via un po’ di roba, va nel negozio, forse pensa anche di scappare, poi torna nel garage, la ripulisce dal sangue, la copre perché pensa che abbia freddo, nonostante gli sembri morta. La radio dell’auto è ancora accesa, la musica passa da una chiavetta Usb. Ascolta una canzone insieme a lei, “poi le ho dato un bacino, guarda qua che cosa ho fatto”.

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