Fiscaglia
18 Novembre 2019
La Filcams interviene chiedendo urgentemente un tavolo di confronto e teme che le proposte dell'azienda nascondano una strategia per eliminare esuberi

A Migliarino chiude il Despar, lavoratori costretti a costosi ricollocamenti

di Redazione | 3 min

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Migliarino. Il punto vendita Despar di Migliarino chiuderà il 23 novembre e il piano di ricollocazione dei lavoratori da parte della società che lo gestisce non piace affatto né ai dipendenti né al sindacato di categoria Filcams Cgil che ha chiesto subito un tavolo di confronto.

La società in questione è l’Aspiag Service, concessionaria del marchio Despar per il Nord Est Italia, che gestisce in forma diretta 7 punti vendita nel territorio ferrarese: Barco, via Malpasso, via Darsena, Codigoro, Portogaribaldi, Cento, Migliarino. La scelta di chiudere a Migliarino non è condivisa dalla Filcams per diverse ragioni, sia perché arriva dopo “anni di assenza di investimenti necessari al rilancio del punto vendita”, sia perché si teme che nella proposta di ricollocazione dei lavoratori si celi in realtà una strategia dell’azienda per eliminare gli esuberi.

La società ha garantito sulla carta il mantenimento dell’occupazione in essere, ma “in realtà leggendo tra le righe emerge, invece, quanto l’azienda scarica sull’organizzazione del lavoro il proprio rischio di impresa”.  “L’azienda – spiega la Filcams – ha deciso unilateralmente le destinazioni dei lavoratori coinvolti dalla chiusura, che non sono i punti vendita più agevoli rispetto la loro residenza. Il paradosso è che in quegli stessi punti vendita vi sono lavoratori con stessa professionalità in attesa di essere avvicinati nei negozi dove la direzione aziendale vuole ricollocare il personale interessato dalla chiusura. Sempre tra le righe emerge che le diverse professionalità a cui corrispondono diversi inquadramenti, non sono più una risorsa per l’azienda, ma solo un problema economico”.

“In questa logica – prosegue il sindacato – più si innalzano le professionalità, più il lavoratore è considerato un maggior costo a cui l’azienda trova soluzione attraverso una ricollocazione lontana dalla residenza. La conseguenza è che il divario economico della retribuzione, legato alla diversa professionalità e inquadramento del singolo lavoratore, lo si perde nei tanti chilometrio che si trova a percorre per raggiungere la sede di lavoro. Il dipendente si trova a dover scegliere se pagare con il proprio tempo di vita e la propria retribuzione il diritto al mantenimento dell’occupazione o rinunciare al riconoscimento economico della propria professionalità dato dall’inquadramento. Una professionalità che una volta acquisita fa parte del quotidiano agire sul posto di lavoro, ma che varrà senza il riconoscimento economico”.

I lavoratori non ritengono dunque risolutive le proposte dell’azienda, dato che “vanno nella direzione di perdere quote di retribuzione o di dover scegliere se perdere il posto di lavoro”. “Questo – conclude la Filcams – ci fa temere il peggio, ovvero che possa essere strategia dell’azienda per eliminare degli esuberi, altro che ricollocazioni. Se così non fosse, l’azienda si sieda al tavolo di confronto come richiesto dal sindacato adesso. Serve la reale volontà di trovare soluzioni entrando nel merito dell’organizzazione del lavoro, cercando risposte organizzative in equilibrio con le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori”.

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