Attualità
13 Ottobre 2019
Intervento di Sergio Fortini (Città della cultura/Cultura della città), co-progettista e co-direttore operativo dei lavori

Sempreverdi, il teatro città

di Redazione | 4 min

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di Sergio Fortini

Territorial pissings è una esplosione musicale di due minuti dei Nirvana, la seconda del lato B (per chi ha ancora come riferimento il vinile) all’interno di quel capolavoro di album che è Nevermind. Per chi non lo sapesse, l’espressione inglese sta a significare l’atto del cane (in realtà non l’unico animale aduso a questo tipo di azione) di segnare il territorio e dunque appropriarsene, orinando in punti precisi che ne delimitano lo spazio fisico. All’interno della canzone, c’è una frase ripetuta più volte, ostinatamente e con veemenza, da Kurt Cobain: Gotta find a way to find a way when I’m there (devo trovare un modo per trovare un modo quando sono lì).

Ebbene, questa frase riassume in modo teatralmente (non poteva che essere così) sintetico il nucleo del lavoro di cantiere che in questi due anni ha trasformato un progetto architettonico su carta in un sistema di spazi urbani suggestivo, efficace, contemporaneo. Chi scrive ha avuto la fortuna di seguire con gli altri componenti di Cultura della Città tutte le fasi di questo processo: dall’innesco nell’ottobre 2013 con la tre-giorni di Smart Land, frutto di una brillante ‘manutenzione allestita’ ottenuta con una entusiasmante operazione di crowdfunding, all’intero arco delle fasi progettuali, ai due impegnativi anni della direzione operativa dei lavori in cantiere. Proprio questi ultimi sono stati decisivi per la buona riuscita dell’intervento. Le originali basi teoriche e la solida impostazione funzionale del progetto non sarebbero infatti bastate, in questo caso, per ottenere il risultato che ora si può osservare e praticare.

Ex Teatro Verdi, cantiere (foto di Cultura della Città)

La suggestione di un edificio-quartiere, la convinzione di fornire la città di una piazza coperta, il valore dato alla bicicletta anche come mezzo di trasporto interno all’edificio, l’elasticità funzionale degli ambiti di lavoro e svago si sono dovuti scontrare, giorno dopo giorno, con ogni genere di imprevisti e criticità. Devo trovare un modo per trovare un modo quando sono lì è frase simbolica di quello che è stato l’atteggiamento mentale che ha accomunato la direzione operativa coordinata dall’arch. Elisa Uccellatori, le riflessioni gestionali dell’arch. Luca Lanzoni, gli aspetti strutturali curati dall’ing. Denis Zanetti (Mezzadrignegneria) e quelli impiantistici sotto la guida dell’ing. Paolo Magri,  la direzione lavori coordinata dal tecnico comunale, arch. Rossella Bizzi, e la struttura operativa del pool di imprese (Rescazzi, Geocostruzioni, Edilarva, iMartini). La filosofia di approccio ha tentato di mediare le economie risicate con la resa dei materiali all’interno di una spazialità di per sé già eloquente. Giorno dopo giorno emergevano sincronicamente imprevisti e nuove soluzioni, ostacoli e opportunità, arricchendo la fase di cantiere di nuova progettualità. Da questa logica in itinere sono nate alcune intuizioni materiche e visive: penso

Ex Teatro Verdi, Festival di Internazionale (foto di Sara Toso)

all’intonaco lasciato al grezzo della zona dell’ex foyer, così come al ferro crudo utilizzato in forme diverse per tutti i parapetti; agli effetti di luce calda sui muri lasciati a mattone incompiuto, come alle ellissi disegnate dai corrimano di altezze variabili che delimitano i palchetti dal vuoto della platea; ai gradini in ferro e cemento lisciato, ai parapetti industriali e ai tondini fermapiede che li accompagnano; al taglio prospettico che dalla scala dell’ala ovest dà sulla saletta nobile nascosta dietro la facciata razionalista sulla piazza, così come all’immagine del grande telo retro-illuminato su via Camaleonte, sospesa tra geometrie astratte e icona verdiana.

Dalla pionieristica, sorprendente apertura del 2013, processo e progetto si sono sovrapposti in un percorso impervio ma costante, che può essere preso a paradigma per spiegare in cosa davvero consista la locuzione ‘rigenerazione urbana’: individuare un luogo dismesso e potenzialmente nevralgico; riattivarne temporaneamente gli spazi con poca spesa e una iniziativa attraente per forma e contenuti; accompagnare l’amministrazione (o i privati interessati) nel reperimento delle risorse; costruire un progetto architettonico di qualità e buon livello di adattabilità; redigere una strategia gestionale capace di governare il breve così come il medio-lungo periodo. Diversi sono gli attori necessari per un simile impegno e, complice il supporto attivo della passata amministrazione, nonché il lavoro in itinere della Fondazione Brodolini, attuale ente gestore degli spazi, il lavoro ora è a buon punto. Il resto lo farà la città: come luogo fisico (urbs), ambiente civico (civitas), consesso politico (polis).

Ex Teatro Verdi, Festival di Internazionale (foto di Sara Toso)

Con la mente, passo in rassegna i colori e i respiri di luce che questo luogo sarà capace di regalare agli astanti in ogni ora del giorno e in ogni giorno dell’anno. Immagino, sospeso a mezza via tra la nuova piazza gremita e la persone che entrano e escono senza sosta, che ogni volume emetta un proprio suono, più o meno impercettibile; l’ex teatro, risvegliatosi, aggiungerà timbro, ritmo e melodia alla partitura urbana. Un cagnolino a pelo lungo, fulvo, di piccola taglia, sta svoltando l’angolo. Intravedo una zampetta alzata e uno zampillo. Il teatro Verdi, da oggi, è anche suo.

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