di Federica Pezzoli
Quattro attori sulla soglia della propria maturità, che stanno costruendo la propria identità nella vita e nel lavoro, messi alla prova non più con la domanda “cosa voglio fare da grande?”, ma “come voglio vivere da vecchio?”. Il tema dell’ultima età della vita è ormai quasi un tabù nella nostra società, viene rimosso.
Per questo “Futuro anteriore”, nuova produzione di Ferrara Off, realizzata con il sostegno del Mibac e Siae nell’ambito dell’iniziativa “Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura” e andata in scena in prima nazionale sabato sera nella sala teatrale di viale Alfonso I d’Este, è una pièce doppiamente coraggiosa, perché affronta un argomento delicato e difficile e perché riesce a farlo con rispetto e delicatezza, senza retorica o condiscendenza.
Merito di tutta la squadra: Giulio Costa alla regia, Margherita Mauro autrice della drammaturgia, Matilde Buzzoni, Antonio De Nitto, Gloria Giacopini, Matilde Vigna gli interpreti.
“Siamo partiti dalla domanda: cosa faremo nei nostri trent’anni di anzianità e abbiamo lavorato per improvvisazione, perciò è stato un viaggio molto personale”, hanno spiegato Costa e Mauro ringraziando gli interpreti per la loro generosità nel mettersi in gioco. “Partendo dal fatto che è difficile definire cosa sia l’invecchiamento, perché ci sono mille modi diversi di essere vecchi, la volontà è di esplorare gli anziani e la costellazione di persone che si muove intorno a loro, parenti e operatori”, ha aggiunto Margherita Mauro.
Vedendo lo spettacolo e ascoltando le parole di Costa e degli altri, torna alla mente Vittorino Andreoli e il suo “Il rumore delle parole”, appena pubblicato da Rizzoli: un elogio proprio di quella che è una delle età più difficili dell’esistenza. Bella, perché non più legata alla prestazione ad ogni costo, perché non si deve più dimostrare nulla a nessuno. Si può passare il tempo a “guardare il sole” o a vedere le foglie mosse dal vento, come afferma Gloria nel prologo. Ma anche fragile, come l’uovo della copertina del volume di Andreoli, una fragile dignità da vivere sperando che ci sia qualcuno che ascolti e prenda per mano.
Costa, Mauro e i quattro interpreti riescono a dipingere un quadro pieno di dolcezza e consapevolezza su un’età che può essere difficile e dolorosa, per chi la vive e per chi è vicino.
Riescono a farlo facendo “passi indietro” da loro stessi, giocando e relativizzando le varie età, passando dall’una all’altra in un flusso ininterrotto, proprio come in fondo accade nella vita. Nel tempo di un ballo o di una battuta il figlio è diventato anziano, la vecchia madre l’accudisce. Tutti vivono tutte le età e tutti i ruoli, fino all’epilogo, da vivere – comunque – insieme. C’è commedia, c’è poesia e c’è spazio anche per una critica alla volontà crudele di rimanere sempre giovani, sempre uguali a sé stessi, perché gli anziani non persone inutili che non hanno nulla da dire.
Il pubblico ride, ma al contempo il cuore e la mente sono gonfi di domande e dubbi sul futuro anteriore che è riservato a ciascuno di noi.
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