Eventi e cultura
25 Gennaio 2019
"L'arte per l'arte" dedicata alla pittura sacra. In mostra 91 tele per la prima volta rese fruibili al pubblico

Collezione Asp, dall’ignoto allo splendore in Castello

di Elisa Fornasini | 4 min

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Un patrimonio artistico sconosciuto si svela in tutto il suo splendore dopo il restauro. È la quadreria di proprietà dell’Asp che per tutto l’anno, dal 26 gennaio al 26 dicembre, impreziosirà l’ala sud e i camerini del Castello Estense in occasione di un nuovo capitolo de “L’arte per l’arte”, dedicato alla pittura sacra a Ferrara tra Cinque e Settecento.

Mentre è in corso di allestimento la mostra di Boldini al Diamanti, il Castello festeggia il traguardo di oltre 200mila visitatori preparandosi a inaugurare il percorso espositivo “Dipingere gli affetti“, pensato da Comune, Asp e Ferrara Arte come “arricchimento del museo, compreso nel prezzo del biglietto di 8 euro” rivela Giovanni Lenzerini, dirigente comunale del Settore Attività Culturali.

In mostra 91 tele pressoché sconosciute, depositate nei musei civici di arte antica, che costituiscono la cosiddetta collezione Orfanotrofi, ereditata dall’Azienda Servizi alla Persona di Ferrara dalle opere pie e dagli istituti di carità. “Raccogliamo il testimone di chi si è occupato di assistenza prima di noi, prendendoci cura e rendendo finalmente fruibile un patrimonio che è di tutti i cittadini” conferma la presidente Asp Angela Alvisi.

Una serie di inediti, ci tiene a specificare il vicesindaco Massimo Maisto particolarmente soddisfatto di questi “risultati che non capitano per caso ma dietro c’è tanto lavoro che non vedono gli aspiranti assessori alla cultura”, che offre al sindaco Tiziano Tagliani lo spunto per riflettere sull’intero sistema culturale della città.

“In un momento in cui si fa a gara per demolire, noi scegliamo il lavoro di squadra e non la guerra permanente perché non saranno le polemiche ad aiutare la città a promuovere queste occasioni vincenti” è l’appunto del primo cittadino contro Sgarbi, “a cui non abbiamo prorogato per la terza volta la mostra della sua collezione perché dovevamo allestire questa. È stato un rischio, una fatica immane senza il contributo della fondazione bancaria, ma la politica è anche questo e ci ha permesso di recuperare uno spazio del Castello rimasto vuoto dopo il trasloco delle funzioni amministrative della Provincia”.

È il curatore Giovanni Sassu a condurre i primi visitatori in questo viaggio nel tempo che ha come “filo di unione la pietas come atto di affetto in maniera religiosa perché il fine ultimo dell’arte è proprio quello di muovere gli affetti”. Una riflessione partita da un “processo di conoscenza” durante una “campagna straordinaria di manutenzioni e restauri“: sono state 34 le tele restaurate e 14 quelle manutentate grazie ai fondi di Ferrara Arte, Asp, Cfr e Cias.

Il percorso espositivo tra le pale di altare si avvia con una sorta di esempio evocativo – il conservatorio di Santa Margherita che ospitava donne ‘pericolate e pericolanti’ , protagonista insieme al conservatorio di Santa Barbara e l’Opera Pia della Povertà Generale – raffigurato dal ritratto della benefattrice Margherita Gonzaga.

La sala è però dominata da opere di Ippolito Scarsella detto Scarsellino con Madonna di Reggio e i santi, il Martirio di Santa Margherita e successivamente la Deposizione di Cristo. La sua Decollazione di San Giovanni Battista è messa a confronto con lo stesso tema del manierista Giuseppe Mazzuoli detto Bastarolo, di cui si propone anche Madonna in gloria con le sante Barbara e Orsola venerate dalle zitelle.

L’imponente pala d’altare di Carlo Bononi – Cristo in gloria tra i santi Pietro e Paolo venerati dai mendicanti – apre a due misteri: l’Annuncio ai pastori attribuito a un artista napoletano e la Natività di Cristo realizzata da un artista veneto-ferrarese. Si prosegue verso i camerini dove visionare il restauro in corso dell’opera di Jacopo Bambini, San Carlo Borromeo in adorazione della beata vergine di Reggio.

Una sala è interamente dedicata alle storie di San Giovanni Battista rappresentate da un “artista maledetto a servizio della religione” come il cremonese Giuseppe Caletti, in versione quasi “fumettista” come “grande atto d’amore all’officina ferrarese”. Il percorso si chiude con quelli che Sassu definisce “due dei più bei quadri del Settecento ferrarese” come San Giovanni Battista alla fonte di Giacomo Parolini e Santa Rosa da Lima riceve il bambino dalla Beata Vergine di Francesco Pellegrini.

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