Nicola Lodi e Matteo Salvini
Il gesto del segretario comunale della Lega Nicola “Naomo” Lodi, che l’altra notte ha issato la bandiera del Carroccio sul pennone riservato al Tricolore, arriverà in Parlamento. La senatrice ferrarese del Pd Paola Boldrini, infatti, ha annunciato un’interrogazione a risposta orale nella quale chiama in causa anche il Ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Paola Boldrini ritiene che Salvini debba esprimersi “in quanto Ministro dell’Interno che ha giurato sulla Costituzione”. “Il Ministro Salvini – dice la parlamentare ferrarese – non solo non può tacere, ma deve esprimersi e richiamare Lodi. Non farlo equivale a legittimarlo. Un Ministro dell’Interno non può permettere che si verifichino, in suo nome, fatti come questo”.
“Due – rimarca Boldrini – sono le ipotesi: o non conosce chi rappresenta sui territori il suo partito, ma ne dubito. O, seconda ipotesi, li conosce e lascia fare, cosa che temo. Deve prendere le distanze. E’ il suo ruolo a imporglielo”. La conclusione: “Siamo di fronte a un sopruso nei confronti di un simbolo che rappresenta la nazione intera, democraticamente governata. Questo gesto richiama nei modi la dittatura e non può essere lasciato correre. E se non saranno presi provvedimenti, allora sapremo di avere nel Governo un nemico delle istituzioni”.
Condanna del gesto di Lodi anche da parte di Rifondazione Comunista che, per bocca della segretaria della federazione di Ferrara, Stefania Soriani, parla di “ennesimo atto di prevaricazione” e di “sfregio di qualsiasi rispetto istituzionale”. “Non si può – commenta Soriani – liquidare come una goliardata della notte di Halloween tutto ciò, infatti non siamo dimentichi delle bravate nella notte delle elezioni politiche del 4 marzo, delle barricate innalzate a Goro, delle modalità irregolari nel chiedere documenti a ragazzi migranti, né dei suoi successivi atti di dileggio sui social nei confronti di colei che, ad esempio, ha reso pubblici i suoi atti illegali”. “Le modalità da sceriffo – aggiunge la segretaria di Rifondazione – non sono bene accette in una Ferrara che non vuole divenire scenario da Far West e che soprattutto non dimentica i tempi bui di quella lunga notte del ’43, ricordata sia nel racconto di Bassani, sia nella trasposizione cinematografica di Florestano Vancini e proiettato all’aperto poco più di un mese fa, in centro città. Un eccidio il cui ricordo è impresso a imperitura memoria su un’iscrizione posta sul muretto del castello, a monito dell’assassinio di undici uomini inermi “caduti per la libertà” ad opera di un gruppo di fascisti. Come Rifondazione Comunista riteniamo del tutto intollerabili atti di questo genere, soprattutto se messi in atto da uno di coloro che auspicano la guida della nostra città a seguito delle prossime elezioni amministrative, ancor più se esponenti di un partito il cui leader ricopre la carica di Ministro degli Interni.
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