Il lupo (o meglio, il pastore) perde il pelo ma non il vizio di intervenire a gamba tesa nel dibattito politico, assumendo posizioni di parte che ritengo non consone ad una figura che dovrebbe rappresentare e guidare tutti i fedeli.
Il lupo (o meglio, il pastore) perde il pelo ma non il vizio di intervenire a gamba tesa nel dibattito politico, assumendo posizioni di parte che ritengo non consone ad una figura che dovrebbe rappresentare e guidare tutti i fedeli.
Ricordo che, intervistato da Olivio Romanini del “Corriere della Sera”, Mons. Perego rivolse pesantissime critiche all’attuale governo – e in particolare alla Lega – appellandosi al volontariato. Un mondo che, a dire di Perego, “riconosce il valore della realtà e ha una consapevolezza sociale, ma purtroppo non si trasforma mai in un progetto politico”. Inoltre, per ribadire il concetto aggiunse: “Il fenomeno dell’immigrazione non lo si risolve creando insicurezza, lo si deve governare. Servirebbe un progetto politico chiaro, nuovo e alternativo”.
A parte il fatto che l’insicurezza non è stata certo creata dall’attuale governo, nato da meno di un anno, ma dai gabinetti precedenti e che l’esecutivo in carica sta cercando (soprattutto grazie al Ministro dell’Interno) di realizzare il fine auspicato dall’Arcivescovo (“governare il fenomeno dell’immigrazione”), sono rimasto negativamente colpito dall’insistenza con la quale Mons. Perego si intromette nello scenario politico, con toni e accenti che sembrano presi da un discorso della non compianta Laura Boldrini o dal suo compagno di partito Pietro Grasso (il genio della politica che ha condotto LEU alla disfatta elettorale).
Tempo fa Mons. Perego contestò aspramente una mia lettera in cui, viste le fortissime consonanze fra il suo pensiero e quello del nostro amatissimo sindaco, avevo provocatoriamente parlato di “Mons. Tagliani” e dell’ “Avv. Perego”.
Noto purtroppo che la mia allusione ironica era tutt’altro che infondata, visto che il centro-sinistra indigeno è insorto all’unisono in sua difesa.
In ogni caso, visto che il nostro Arcivescovo ama tanto parlare di politica, non solo dando legittime indicazioni di carattere spirituale, ma entrando a piedi uniti nel dibattito partitico, vorrei dargli un umile, amichevole e gratuito consiglio.
Dato che auspica (parole sue) un “progetto politico chiaro e alternativo” che purtroppo non vede realizzato, prenda l’iniziativa e agisca di conseguenza. Chieda al Pontefice di essere ridotto allo stato laicale, fondi un nuovo partito e scenda nell’agone della politica. Così potrà parlare liberamente, senza pretendere di rappresentare la comunità dei fedeli che – come dimostrano gli ultimi risultati elettorali (vedi Trentino-Alto adige) – non segue certamente le più che discutibili indicazioni del nostro pastore e dei vescovi che la pensano lui.
Alcide Mosso