di Arnaldo Ninfali
Tra la folla che L’11 febbraio 1962 defluiva dall’allora stadio Comunale, incredula e felice, nessuno poteva immaginare che la Spal avesse appena battuto la squadra che nei tre anni a venire non avrebbe avuto rivali nel mondo. Tre scudetti, due Coppe dei Campioni e altrettante Coppe Intercontinentali avrebbero fatto dell’Internazionale di Moratti ed Herrera la bestia nera di chiunque la incontrasse. Era solo questione di investire ancora qualche milioncino nella rosa e contro i nerazzurri sarebbe stata notte fonda per tutti.
In quell’annata 1961-1962 i prodi alfieri del Mago contesero sino all’ultimo lo scudetto ai cugini rossoneri, i quali però ebbero la meglio con un margine di cinque punti di vantaggio, due dei quali li incamerarono proprio quell’11 febbraio, vincendo di misura a Venezia.
Ma a Ferrara fu Silvano Mencacci, un roccioso centravanti ventiquattrenne, a confezionare loro il regalino, incornando nella rete di Lorenzo Buffon un preciso assist, sempre de cabeza, di Oscar Massei.
Oggi Silvano Mencacci vive a Viareggio, dove dirige un’impresa nel ramo dei legnami. Grande appassionato del suo lavoro e per niente nostalgico della lontana gloria calcistica, accetta di rispondere alle nostre domande su quella magnifica impresa, nella speranza che essa sia di buon auspicio per un risultato favorevole nel big match che tra qualche ora andrà in scena sul manto erboso del Mazza.
Ci dica, Mencacci, pensavate di poterla battere, l’Inter, quel giorno?
“No, assolutamente. Erano troppo forti”.
Quali istruzioni vi aveva dato Mazza per affrontare al meglio la gara?
“Mazza ci disse che eravamo una buona squadra, ci raccomandò di stare concentrati e di chiudere i varchi. E noi ci riuscimmo bene. Ho qui la Gazzetta dello Sport del 28 gennaio di quest’anno che riporta i titoli di allora. Senta qua: “Spal Inter 1 a 0, Massei fa il mago Herrera va in tilt”, “Spal 1 Inter 0 – 1962”, “Assist del campione argentino e il gol di Mencacci”, “I nerazzurri crollano a Ferrara”. Si vede proprio che quel giorno eravamo in palla”.
Che emozioni provavate nell’affrontare la squadra più forte del torneo?
“All’inizio eravamo carichi. Sapevamo di essere forti e paura non ne avevamo. Poi, dopo il mio gol, al 5’ del primo tempo, ci dicemmo che era meglio chiudersi in difesa. Ma si fece una bella partita. Il gioco l’avevano in mano loro ma di occasionissime non ne ebbero poi tante. E noi qualche contropiede lo si tentò”.
A quale risultato pensavate di poter aspirare quel giorno?
“Devo essere sincero? Neanche un pareggio, ma volevamo vendere cara la pelle. Del resto, se quell’anno eravamo giunti in finale in Coppa Italia, voleva dire che dei numeri s’avevano anche noi. Se solo mi fosse andato dentro quel gol che mancai per un nulla, si vinceva la Coppa Italia”.
Ci può descrivere l’azione che le permise di segnare?
“Come le ho detto, al 5’ del primo tempo Dell’Omodarme fece un cross da palla inattiva, da sinistra a destra, appena fuori l’area dell’Inter. Il pallone attraversò tutta l’area fino quasi a finire oltre il fondo. Ma Massei la rimise in mezzo di testa e io, ancora di testa, insaccai”.
Alla fine Mazza vi elogiò? Si dimostrò contento e… anche riconoscente?
“Era molto contento, quell’uomo, quel giorno. Ci aumentò il premio partita… ma Mazza era uno che ci accontentava sempre. Sembrava un po’ ruvido, ma sapeva venire incontro alle nostre esigenze”.
Ritiene che quella volta sia contata più la fortuna o la vostra bravura nel chiudere i varchi alla reazione nerazzurra?
“Tutte due le cose; perché, come ho detto, eravamo una buona squadra, tipo l’Atalanta di oggi, o il Sassuolo. Con squadre così se ne vincono di partite e certe imprese sono sempre possibili”.
I giocatori interisti com’erano, uscendo dal campo?
“Erano neri. Testa bassa e silenzio fino negli spogliatoi. Non erano mica abituati a quelle situazioni”.
E durante il match rimasero lucidi fino alla fine o divennero nervosi, nel vedere che non riuscivano a raddrizzare il risultato?
“Se avessero potuto, avrebbero continuato a picchiare anche sulla via degli spogliatoi. In campo picchiavano come i dannati. Ragazzi, se picchiavano! Me lo ricordo ancora quanto picchiavano… Non ci stavano a perdere, in tutte le maniere”.
E voi qualche fallo non lo commetteste proprio?
“E noi si picchiava, pure noi. Perché, se non facevi così, era dura, ma proprio dura”.
E il Mago Herrera come lo vide alla fine?
“Era scuro. Non rideva tanto dopo quella partita lì. Diceva un sacco di parole in brasiliano, spagnolo – non so che fosse – ma si capiva che le parole non erano delle più educate”.
Parliamo un po’ dell’oggi, Mencacci: quante probabilità assegna alla Spal di ripetere il colpaccio?
“Guardi, le dico una cosa: io la seguo la Spal eh… alla televisione. L’altro giorno quel Felipe, il terzino, che lascia lì quella palla, sulla riga di porta: roba da non credere. L’anno scorso mi sembrava una squadra più garibaldina, quest’anno è più posata. Può succedere di tutto in campo, ogni risultato è possibile, ma quanto a probabilità è difficile dirlo”.
Quali sono, secondo lei, i punti di forza e di debolezza della Spal di oggi?
“Il portiere non è male. Quei tre davanti sono validi, esperti. Ogni tanto qualche gol lo raccattano. Antenucci mi piace, Lazzari anche. Io penso che quest’anno la Spal si salvi perché ci sono almeno altre quattro squadre messe peggio. Se poi a gennaio fanno qualche altro valido innesto, allora non ci sono problemi”.
E nell’Inter qual è l’uomo più pericoloso, e quali sono i punti deboli da sfruttare?
“Guardi, io in serie A sono tifoso dell’Inter, e del Pisa in C. Però devo dirle che, a parte l’ultima partita, fino adesso l’Inter ha fatto schifo. Secondo me, la Spal deve guardarsi soprattutto da Icardi. E’ sempre fermo, tocca pochi palloni, ma quando parte può far male. Con lui, un altro da tenere d’occhio è Candreva. Però anche la Spal è una squadra solida: deve solo evitare di fare certi erroracci come il primo gol di lunedì sera”.
Che giudizio dà dei due allenatori, Spalletti e Semplici?
“Semplici lo conosco fin da quando era a Pisa e mi è sempre piaciuto. La serie C la conosceva molto bene, poi ha dimostrato a Ferrara di conoscere bene anche le categorie superiori. Anche Spalletti è un buon allenatore: a Roma ha fatto molto bene”.
Come ha accolto il ritorno della Spal in A?
“Bene. Sono stato molto contento. Pensi che molte persone di qui me lo domandano, sapendo del legame che ho coi colori biancazzurri. Io rispondo che è stato giusto perché Ferrara è una piazza che merita di appartenere al grande calcio. Molto di più di Frosinone, Benevento e compagnia bella”.
Secondo lei la Spal oggi ha le potenzialità per restare a lungo in serie A?
“Guardi, se aggiunge un paio giocatori buoni, ma di quelli proprio buoni, potrebbe diventare come l’Atalanta”.
Bene, ci dica un po’ di lei, Mencacci: qual è oggi il suo rapporto con il calcio?
“Col calcio? Ormai ho ottant’anni, mi muovo quel che mi muovo. Ogni tanto vado a vedere il Pisa, di cui ho l’abbonamento. Alla televisione guardo l’Inter e, devo dire, se c’è la Spal, la guardo ancora più volentieri”.
A Ferrara viene qualche volta, e che ricordi ha del suo lontano soggiorno nella nostra città?
“Certo. Ci vive mia sorella e ogni tanto torno con piacere, perché mi trovai molto bene a Ferrara. E poi ero giovane…”.
Come ultima domanda volevo chiederle se, secondo lei, per la partita di domani dobbiamo proprio rassegnarci al 2 fisso, ma se è tifoso dell’Inter, la risposta, a questo punto mi sembra scontata.
“Allora, senta una cosa. Io sono per l’Inter ma domenica – è la verità – avrei piacere che vincesse la Spal. Sono per l’Inter in campo europeo, quando gioca le coppe, ma in serie A sono per la Spal. E domenica non è scontato il 2 secco, ma ci sta anche l’X. E le assicuro che domenica sera tiferò assolutamente Spal”.
Grazie signor Mencacci e un arrivederci a Ferrara e, magari, qualche volta sugli spalti del Mazza.