Attualità
28 Settembre 2018
Addio felice per il proprietario Alessandro Fusetti, che affitterà il locale alla pizzeria Slurp

Chiude la ‘Giannina’, un pezzo di storia del commercio ferrarese

di Redazione | 4 min

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Una saracinesca si abbassa, e una si alza. O meglio, si allarga: lo storico negozio di abbigliamento ‘Giannina’, che da 58 anni ha ‘arredato’ il locale sotto il volto di piazza Municipale, farà posto alla pizzeria Slurp, al civico limitrofo su via Garibaldi, che amplierà i propri spazi e la propria visibilità. È però un addio felice quello di Alessandro Fusetti, titolare del negozio dal ’78 e pronto a salutarlo ufficialmente questa domenica, non prima di aver raccontato la storia di quei muri, che hanno fatto anche gran parte di quella ferrarese.

Una storia lunga più di mezzo secolo che ha segnato il commercio ferrarese. Come è nata questa attività? 

Giannina era mia mamma, venuta da Copparo nel 1960, per fare la commessa in un corner del negozio, dove gestiva la pelletteria. Allora si chiamava ‘Anfor’, che stava per Antonio Forlani, il titolare di allora, che peraltro è stato il primissimo titolare anche della pizzeria Pulcinella, nonché nonno di Claire Forlani, l’attrice. Dopo un paio d’anni mia mamma rilevò il negozio, ma i muri erano ancora di proprietà Bazzi. A metà degli anni Settanta ci fu un grosso contenzioso con l’ufficio licenze del Comune, e lei voleva mollare il negozio. Così subentrai io, le diedi una mano, rivoluzionai tutto e diedi quel carattere un po’ bizzarro che lo contraddistingue.

Come mai ha deciso di chiudere? La crisi ha influito o è semplicemente arrivato il momento?

Chiudo perché sono ancora in salute e voglio riprendermi un po’ del mio tempo. Certo, il lavoro è cambiato per tutti da quando quel maledetto aereo ha colpito le Torri Gemelle, questo è chiaro. I gabellieri sono sempre più ostici e della burocrazia non se ne può più. Però io ce l’ho fatta. Il primo ottobre mi arriva la pensione, e poi ci sarà l’affitto ai ragazzi di Slurp. Certo questo non sarebbe stato possibile se non fossi riuscito ad acquistare la proprietà di Bazzi, dopo che si ammalò gravemente, proprio nel 2001. Sono l’unico ad essere riuscito ad acquistare una parte dei muri di Palazzo Municipale. Considerato poi quello che era successo con il Comune…

Cosa successe esattamente in quel contenzioso? E come riuscì a ribaltare le sorti del negozio?

In quel periodo è stata fatta la voltura delle licenze, che non potevano più avere diverse voci, per esempio quella di pelletteria e di bigiotteria, che il negozio aveva. Allora poi c’era la lotta alle licenze, erano tutte contingentali, non come adesso, che è così solo per i bar. Mia mamma si dimenticò di prendere la sua nuova licenza, dove c’era scritto ‘merceria’, senza che il Comune si curasse di ciò che il negozio faceva da 15 anni. Ovviamente mia mamma lo scoprì soltanto dopo aver ritirato la licenza a seguito di un controllo, dove le venne riferito che ‘lei non aveva più quella per la pelletteria’. Andammo al Tar, che sentenziò la ragione da entrambe le parti, per finire poi al Consiglio di Stato, sotto suggerimento di un avvocato: non sapevamo neanche cos’era, ma se avessimo perso, ci avremmo rimesso qualcosa come 20 milioni. Ma vincemmo, e il Comune ne sborsò 17. E io nel frattempo lo trasformai in un negozio di abbigliamento.

Un negozio che, peraltro, si è sempre distinto per la sua originalità…

Sì, siamo sempre andati controcorrente, perché io sono fatto così. Della moda non mi è mai interessato granché, e neanche ci capisco molto. Ma sono sempre stato un ‘cercarobe’, mi sono sempre piaciuti gli oggetti, che arricchiscono i capi con qualcosa di unico, dagli abiti di Positano alla calzetteria… Da un certo punto di vista ho mantenuto la ‘vocazione’ di bigiotteria. Pensi che mi ero dato 6 mesi di tempo per rimanere qui. E invece eccomi dopo tutti questi anni, perché mi sono divertito troppo a girare per il mondo e acquistare oggetti per il negozio.

Come mai ha deciso di affittare alla pizzeria Slurp? Non avrà nostalgia?

In questi giorni ho ricevuto talmente tanto affetto, da chiedermi se effettivamente non sono scemo a lasciare. Ma io sono contento di cambiare la mia vita, e sicuramente ripasserò di qua. La loro è un’attività che si merita molta più visibilità di quella che ha in città: li ho conosciuti perché mi hanno sempre parlato della loro eccellenza, e sebbene ce li avessi di fianco al negozio da 9 anni, solo due anni fa sono andato a mangiare da loro, e ho potuto constatarla. Per scherzo sono uscito dicendo: ‘Ma ragazzi, qui siete sacrificati! Quando andrò in pensione vi allargherete nel mio negozio…’

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