di Cecilia Gallotta
‘Aprite i porti’. Non ha bisogno di molte altre parole il messaggio di ‘Refugees Welcome’, l’associazione nata poche ore prima della chiusura dei porti di fronte alla nave Aquarius “dopo aver assistito al totale immobilismo ferrarese di fronte a questo” afferma Irina, che assieme a una trentina di persone si è riunita sotto i portici dell’acquedotto sfidando la pioggia.
Una scia di barchette di carta sparse sul marciapiede ha fatto da cornice ad un secondo incontro, nato in primis dall’esigenza di riunirsi per “dare risposte concrete e immediate, senza caratterizzarsi con colori politici o associazioni d vario tipo” prosegue Irina, sebbene “di contenuto politico ce ne sia tanto e importante”, e, secondo Paolo Marcolini dell’universo Arci – che si definisce prima di tutto “cittadino europeo” – “creare rete con associazioni è invece un modo per innescare meccanismi d’azione, soprattutto per chi ha in comune un modello perseguito da anni, che è quello della collettività e dell’accoglienza”.
Un appello alla “buona informazione” arriva da Stefania Soriani, segretaria della Federazione di Ferrara di Rifondazione Comunista e candidata con Potere al Popolo, che ha seguito “la necessità di farsi vedere, uscire fuori e non aver paura di mostrare le proprie idee nonostante le pesanti minacce ricevute” prosegue, facendo riferimento ad alcuni commenti lasciati nella pagina facebook di Estense.com sotto l’articolo che presentava l’iniziativa, “in cui si inneggiava allo stupro augurandoci del male”. Una cosa di cui tempo fa ci si sarebbe vergognati anche solo a voce – fa notare Elisa Corridoni, anche lei area Rifondazione e Pap -, figurarsi sul giornale con tanto di nome e cognome, e che invece adesso sta diventando una prassi comunicativa che alimenta violenza di tutti i generi”.
Ma “se le informazioni sui media martellano su tutto questo fiume di soldi che viene dirottato verso l’immigrazione e viene preso dalle pensioni, un cono d’ombra, o quanto meno un dibattito c’è”, secondo una signora presente all’iniziativa, che trova diverse riflessioni di auto-analisi da parte dei presenti: “Negli anni probabilmente le risposte che abbiamo dato non hanno più avuto lo stesso approccio politico. Non c’è più la capacità comunicativa di un tempo, spesso ci ritroviamo a parlare fra di noi, e per quanto piacevole serve a poco”; “mi sarebbe piaciuto andare a Goro quando hanno fatto e barricate portandole mie ragioni, ma sarei stato etichettato come ‘buonista’” afferma Pietro Pinna, facendo leva sull’incapacità comunicativa dilagante.
E per poter avvicinarsi a comunicare senza etichette, secondo Arianna, “bisogna prima fare un lavoro su di noi, provare a comprendere l’archetipo della paura del diverso”, perché “chi vota Lega o 5stelle – chiosa Elisa – non è più la gente che non arriva a fine mese, o la guerra dei penultimi contro gli ultimi, ma una situazione che affonda le proprie radici in un problema politico e culturale, per la quale bisogna trovare altre vie per comunicare, e agire”.
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