Attualità
10 Giugno 2018
L'associazione: “La logica del massimo rialzo, che equivale a una messa all’asta dell’affidamento del servizio dove a vincere è chi offre più denaro e a Hera e ai Comuni, è molto difficile da conciliare con obiettivi di solidarietà"

Vestiti usati, Humana contro il bando Hera

di Redazione | 3 min

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Selezionare gli operatori esclusivamente in base a un’offerta di prezzo è una scelta che va in conflitto con il mandato solidale dei cittadini donatori. È questa la posizione espressa da Humana People to People Italia rispetto ai nuovi bandi gara pubblicati da Hera per l’affidamento del servizio di raccolta differenziata e avvio a recupero di abiti usati nell’area di Bologna, in provincia di Modena e nel Comune di Ferrara.

“La logica del massimo rialzo, che equivale a una messa all’asta dell’affidamento del servizio dove a vincere è chi offre più denaro e a Hera e ai Comuni, è molto difficile da conciliare con obiettivi di solidarietà – spiega Karina Bolin, Presidente dell’organizzazione indipendente e laica, nata nel 1998 con l’obiettivo di finanziare progetti di solidarietà e sviluppo a favore delle popolazioni del Sud del Mondo e progetti sociali in Italia. “Gli abiti raccolti sono sempre quelli, e dover dare tanti soldi a Hera e ai Comuni rende difficile, se non impossibile, affrontare prima i costi operativi e poi generare risorse per la solidarietà. Questo finisce per privilegiare gli operatori che la solidarietà non la fanno”.

L’associazione ricorda che nel 2016, assieme alla società di ricerche Target Consulting, mostrò come i risultati di raccolta differenziata degli indumenti siano strettamente legati al carattere solidale e non lucrativo delle filiere. “Target Consulting ha intervistato 1.000 cittadini donatori registrando un abbattimento del 36% nella loro propensione media alla donazione quando la raccolta ha fini lucrativi. In questo settore, quindi, la solidarietà aiuta l’ecologia perché fa aumentare i livelli di raccolta differenziata”, osserva Humana.

Negli ultimi 5 anni, dal 2013 al 2017, grazie ai suoi 358 contenitori presenti nel bacino servito da Hera, l’associazione è riuscita a raccogliere più di 14 milioni di capi di abbigliamento (4.600.000 chili di abiti) la cui vendita non solo ha garantito il salario a 6 lavoratori locali ma ha consentito anche il pagamento di 3 anni di collegio magistrale a 61 giovani aspiranti maestri dell’Africa Subsahariana. Questi giovani hanno oggi coronato il loro sogno e sono impiegati nelle scuole primarie di comunità rurali dove sono portatori di istruzione e sviluppo.

“Come conseguenza della logica del massimo rialzo” – spiega Bolin – “decine di giovani non avranno oggi più la possibilità di diventare insegnanti”. Humana, grazie alla raccolta e al recupero dei vestiti usati, finanzia anche progetti di sviluppo agricolo e tutela della salute.

“Siamo quindi totalmente d’accordo” dice Bolin “con il vicario generale della Curia di Bologna Giovanni Silvagni quando dice che la raccolta dei vestiti usati è un atto solidale e che con le nuove gare si rischia di perdere un capitale sociale enorme. Non siamo invece d’accordo con chi riduce la questione della solidarietà all’obbligo di inserire soggetti svantaggiati. Le forme di solidarietà infatti sono molte e non capiamo la logica di chi vorrebbe escluderne alcune a favore di altre. Humana – conclude Bolin – invita tutti gli operatori della solidarietà impegnati nella raccolta indumenti a dialogare maggiormente tra di loro, al fine di massimizzare i risultati sociali e per contrastare uniti, e non divisi, fenomeni come il massimo rialzo”.

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