Caro direttore,
nella memoria di chi ha vissuto gli anni Cinquanta, Gino Bartali (devotissimo a Pio XII, il Papa che scomunicò i comunisti ) e grande amico di Luigi Gedda (capo dell’Azione Cattolica e dei Comitati Civici) godeva dell’appoggio entusiastico di chi votava DC, mentre Fausto Coppi, a torto o a ragione, godeva del tifo dei “compagni”. Una minoranza di destra, per completare il quadro, tifava per Fiorenzo Magni. Insomma Don Camillo era per Bartali, mentre Peppone era per Coppi, anche se i due campioni non accettarono mai candidature partitiche.
Giordano Goggioli, nel libro “Gli dei degli stadi”, scrive che uno spettatore urlò a Bartali, durante un Giro d’Italia, “prete falso, fermati!”.
E “Ginettaccio” si fermò, gli diede due schiaffoni (oggi lo denuncerebbero!) e riprese la corsa.Vincendo la tappa!
Ora si tace sul Bartali emblema e simbolo dei cattolici che contrastavano i comunisti, e si parla solo di un Bartali antifascista che, in realtà, lascia molti dubbi ai meglio informati.
Bartali infatti (come dichiarò in un’intervista) aveva un padre iscritto al P.N.F. e, nel 1943-44, fu arruolato in un battaglione motociclisti della Guardia Nazionale Repubblicana. E’ vero che rischiò anche la vita per salvare molti Ebrei, ma questo lo fece anche Perlasca, che si è sempre dichiarato convintamente fascista. Insomma, aver salvato gli Ebrei ed essere antifascisti sono due cose diverse.
In ogni caso, dando per buono l’antifascismo di Bartali, che nella percezione di chi c’era (nel dopoguerra) viene ricordato come il campione amato da coloro che detestavano Stalin e soci (anzi “compagni”), non capisco perchè, ai nostri giorni, debba essere illustrata solo la prima parte della sua vita (quella antifascista, ammesso che ci sia stata) e debba essere oscurata la seconda (quella anticomunista).
Quando vinceva Coppi si festeggiava nelle “case del popolo”. Quando vinceva Bartali si festeggiava nelle parrocchie. E i “nostalgici” godevano quando vinceva Magni. Questa, piaccia o non piaccia, era la realtà. E chi ha vissuto quei tempi può testimoniarlo e confermarlo.
Visto che, come diceva George Orwell, “chi controlla il passato controlla il presente”, sarebbe dunque giusto e saggio, nelle ricostruzioni biografiche, ricordare la vita, umana e sportiva, di Gino Bartali a 360 gradi, senza “tagliare” le parti che non ci piacciono.
Capisco che Pio XII e Luigi Gedda siano invisi ai progressisti e non godano di buona stampa, ma Bartali fu devoto dell’uno e ammiratore dell’altro. Tacere o minimizzare il “Ginettaccio” che frequentava gli anticomunisti mi sembra un’operazione mistificatoria da condannare.
O si dice tutta la verità o è meglio tacere.
Salvina Bassi