Cronaca
2 Giugno 2018
La Corte d'Appello 'restituisce' l'ingente patrimonio immobiliare sequestrato a Paolo Lazzari nel 2016: mancavano le basi per applicare la misura di prevenzione

Mancano i requisiti, dissequestrati villa e palazzi per 13 milioni di euro

di Daniele Oppo | 2 min

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Villa Gulinelli Filangeri (foto tratta da Facebook)

Mancavano i requisiti della pericolosità del soggetto e della provenienza illecita del denaro. Paolo Lazzari, l’imprenditore 70enne originario di Portomaggiore, potrà tornare a godersi il patrimonio immobiliare da 13 milioni di euro – incluso il pregiato complesso immobiliare di Villa Filangeri Gulinelli a S. Egidio di Marrara – che procura e Guardia di Finanza avevano posto sotto sequestro preventivo nel marzo 2016.

La Corte d’Appello di Bologna si è pronunciata per la seconda volta su quel sequestro, dopo che la Corte di Cassazione, annullando con rinvio un primo pronunciamento che confermava parzialmente la misura, aveva rimesso tutto in mano ai giudici felsinei ‘invitandoli’ a verificare meglio l’esistenza dei requisiti. Che, nuova decisione alla mano, non esistevano.

«È un provvedimento importante per i limiti alle misure di prevenzione e alla valutazione di pericolosità – commenta l’avvocato Dario Bolognesi, il cui studio legale ha assistito Lazzari lungo tutto l’iter giudiziario -. Non bisogna esagerare nella valutazione della pericolosità sotto il profilo del sospetto: gli elementi devono essere concreti, precedenti penali passati in giudicato e l’abitualità comporta la continuità nel delitto, il vivere con i proventi del delitto. Se no si rischia di poter incorrere tutti in una misura di prevenzione. Anche la Corte europea dei diritti dell’uomo – rimarca l’avvocato – ha ritenuto che la legge italiana sia troppo generica quando si parla di pericolosità e di abitualità».

Lazzari era già stato condannato in passato per reati di bancarotta fraudolenta, evasione fiscale, turbata libertà degli incanti, falso in atto pubblico e calunnia. Condanne però ormai risalenti nel tempo.

Per la Procura e la Gdf estense Lazzari, considerato un nullatenente, oltre a usare dei prestanome – tra i quali anche la moglie, assistita dall’avvocato Alberto Bova – per la gestione dell’enorme patrimonio immobiliare, avrebbe usato anche denaro di provenienza illecita per l’acquisto dello stesso e per la realizzazione di un progetto di riqualificazione di Villa Gulinelli. «C’era un credito bancario alla luce del sole, non fondi neri – spiega di contro l’avvocato Bolognesi -. I denari venivano dal circuito bancario. Al momento del sequestro il progetto era quasi terminato, ora potrà essere portato a termine».

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