Eventi e cultura
7 Marzo 2018
Cecilia Strada presenta il suo nuovo libro. Giovanni Impastato: "Viviamo una situazione terribile"

Le guerre tra noi e quelle parole non pronunciate

di Redazione | 3 min

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“Nella peggior campagna elettorale della storia, c’è una parola che non è stata mai pronunciata: guerra”. Così Girolamo De Michele attualizza e introduce ‘La guerra tra noi’, il libro di Cecilia Strada che ha riempito l’ultimo piano della libreria Ibs di palazzo San Crispino.

Certo, “la scelta di pace è una scelta di giustizia, anche nei confronti dei ‘poveri italiani’ – afferma l’autrice – ma è difficile parlarne in campagna elettorale, se si pensa a chi ha finanziato e rifinanziato le missioni all’estero, a chi ha speso 7 miliardi di euro per i soldati e versato 80 milioni al giorno in spese militari”.

Un’altra parola “scomoda”, che in comune con la guerra ha intrecci di interessi ben precisi, è la mafia. Una parola per nulla estranea a Giovanni Impastato, fratello del giornalista Peppino, che quarant’anni or sono ne pagò la lotta con la vita. “Quella della mafia non è una guerra contro lo Stato – precisa Impastato – la mafia è stata ed è dentro al cuore dello Stato, uno dei motivi per cui probabilmente non impatta sugli argomenti da campagna elettorale”.

Dove “l’assassino è proprio lo Stato”, è un luogo non lontano da noi, la Sardegna, che nell’immaginario comune difficilmente si associa all’Afghanistan, Yemen e Iraq dei vividi racconti di Cecilia Strada, perché “per raccontare ciò che succede in Sardegna a volte il solo modo è scrivere un giallo, ambientandolo in luoghi inventati”, ironizza amaro De Michele.

“La Sardegna ha il 65% dei presidi militari, fra poligoni, aeroporti militari con il massimo numero di addestramento piloti Nato, eccetera – illustra Strada – e questo ha un’enorme ripercussione sulla salute, per la quale ci sono da anni pesanti denunce. Ma l’Italia è uno dei principali fornitori di armi dell’Arabia Saudita, così dobbiamo giustificarci dietro la necessità di ‘operazioni di polizia internazionale’ o qualsiasi altra dicitura che ridefinisca la guerra, perché se la si chiamasse col suo nome, ci sarebbero leggi – come la 185/90 – che vieterebbero l’esportazione di armi laddove non si rispettano i diritti della Costituzione”.

E dei diritti umani ne parlava anche Giovanni Falcone, “un uomo che era in guerra con la mafia – lo descrive Impastato – e che è stato lasciato solo dallo Stato. Viviamo una situazione terribile, ma questo vuol dire che si sono create le condizioni. Dopo l’assassinio di mio fratello abbiamo rinunciato all’eredità – racconta Giovanni – e abbiamo cacciato i parenti mafiosi della nostra famiglia. Dobbiamo trasmettere messaggi positivi e azioni concrete. Con Peppino ci trovavamo in tantissimi posti per lottare per la pace ma soprattutto per la dignità umana”. Dignità minacciata dalla “guerra che mi fa più paura – fa eco Strada – quella fra poveri, che ci fa scannare a vicenda, e quando non ci ammazza, ci sfrutta”.

Di concretezza, del resto ne può portare testimonianza anche la scrittrice milanese, che per otto anni è stata a capo di Emergency. “Siamo stati a Falluja – racconta – dove siamo stati accolti a male parole, che all’inizio non capivamo. Pian piano abbiamo capito che ci invitavano a prendere i nostri aiuti e a riportarceli nel paese ‘ricco’ da cui veniamo. All’inizio ci sono rimasta male, io che mi sentivo la buona della situazione pensavo: ‘Ma come? Già vi porto coperte e viveri, e poi cosa volete? Che torni a casa e contesti anche il mio governo e che mi metta a fare esposti?’ Ma dopo la prima reazione, sono stata contenta. Perché ho capito che la risposta, era sì”.

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