Ci voleva la neve per portare Raoul Bova e Chiara Francini a Ferrara. Dopo due rinvii (il primo per il lutto del padre di Bova, il secondo per problemi organizzativi della Compagnia Enfi Teatro) lo spettacolo “Due” diretto da Luca Miniero, al suo esordio dietro il palco, fa finalmente sold out al teatro Nuovo.
I ferraresi hanno sfidato il Buran e attraversato la città imbiancata per assistere al delizioso – anche se a tratti privo di mordente – litigio di una coppia che compie i primi passi della convivenza e si avvicina al matrimonio, che entrambi vogliono nonostante la paura e l’incertezza di una vita già segnata tra futuri figli, animali domestici, pranzi con la suocera, ristrutturazioni e normali problemi quotidiani.
Come sarai fra 20 anni? Mi dai la garanzia che saremo ancora qui, uguali ad ora? Sono le domande che Paola pone più volte a Marco, affaccendato nel montare il letto della loro nuova casa che proprio non ne vuole sapere di prendere forma.
Lui è un insegnante di educazione fisica, scrive un trattato sull’esistenza umana (“ma se non riesci a montare un letto come fai a trovare il senso della vita” lo rimprovera la sua compagna), abita a Roma da 25 anni ma prova ancora nostalgia per il babà della sua terra natia, Napoli, e si definisce un atarassico che segue la buona filosofia di Epicuro. Lei è una donna metodica, decisamente ansiogena (“tu non hai l’ansia, tu sei l’ansia!” rimbrotta lui) che non le manda a dire, gira con un registratore per riprodurre le uscite imbarazzanti del suo compagno e cronometra i tempi dei baci e degli abbracci che le vengono concessi.
Insieme sono una coppia come tante altre. Che dopo sette anni di conoscenza – “solo sette? me parevano di più” scherza lei – e alla soglia della convivenza affronta i propri dubbi sulla stabilità della relazione e sul futuro che verrà. “Forse non sei il mio uomo ideale, io da bambina sognavo Ken” incalza Paola, “io mi sto sposando con il Fuhrer vestito da donna” replica Marco.
A dipanare le incertezze sul matrimonio – “per me l’amore è il più grande imbroglio della natura, ma se firmo un contratto lo rispetto” assicura lui, “ma mica stai comprando una giovenca” lo corregge lei – arrivano i loro alter ego del futuro insieme ad altri personaggi (i figli, il bassotto, gli amianti Barbie e Pony…) per mostrare la loro vita fra due decadi. Quando le cariche dello Stato vengono sorteggiate con i gratta e vinci e Raoul Bova è diventato “assessore di Ferrara”.
E così – dopo attimi di pura verità e momenti talmente mediocri da essere appena digeribili – i due capiscono che non si può sapere prima quello che succederà e che non c’è bisogno di affannarsi ma di scoprirlo giorno per giorno, anno per anno, anche col rischio di cadere nella noia. Fino alla decisione di fare un figlio, “anche se non sai mai chi ti metti dentro casa” ironizza il protagonista maschile.
Dopo appena un’ora e venti di spettacolo, cala il sipario e gli spettatori più accaniti (perlopiù del genere femminile) si fermano nel foyer per salutare gli attori. Chiara Francini esce subito, sorride a tutti, si presta agli autografi e selfie di rito e il pubblico la apprezza per la sua spontaneità (“fa questo lavoro da tanti anni, si vede che ha esperienza ma non ha perso la vivacità” commentano due signore dopo essersi scattate una foto ricordo).
Ma tutta l’attesa è per il bel Raoul che, a dispetto della sua collega, esce dalla porta secondaria e non si fa vedere. “Guardate che è andato in hotel” è costretto a ripetere più volte l’operatore del teatro al capannello di donne, giovani e meno giovani, che dopo mezzora non si sono ancora mosse per conoscere da vicino il loro sogno proibito. “Era bellissimo anche da lontano però poteva fermarsi per un saluto” è il commento deluso che passa di bocca in bocca, prima di tirare su il cappuccio e raffreddare gli animi sotto la bufera di neve.
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