Caso Cidas. Lodi ricorre in Appello
Sette motivi per cui la sentenza di primo grado che ha condannato Nicola Naomo Lodi per induzione indebita va riformata o annullata
Sette motivi per cui la sentenza di primo grado che ha condannato Nicola Naomo Lodi per induzione indebita va riformata o annullata
Il tribunale di Milano ha dissequestrato i beni confiscati - agli inizi di aprile - alla ditta Zoffoli Metalli Srl di Tamara, azienda copparese finita al centro della maxi-operazione del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Trieste contro il traffico illecito di rifiuti
Ancora un grave incidente in via Comacchio dove, nel tardo pomeriggio di mercoledì 30 aprile, una donna di 30 anni e una bambina di 5 anni - mamma e figlia - sono state investite mentre stavano attraversando la strada all'altezza del civico 195, poco dopo la rotonda di via Caldirolo
Avrà un processo - davanti al giudice Giovanni Solinas del tribunale di Ferrara - il 28enne di nazionalità rumena accusato di aver diffuso foto private di una ragazza ferrarese e di aver tentato - tramite quegli scatti - di estorcerle informazioni relative alla propria sfera intima e sessuale
Erano le 2.15 circa dello scorso 29 aprile quando, all’interno di un locale di via San Romano, erano presenti il proprietario e tre clienti. La serata era trascorsa tranquilla fino a quando i due dei clienti presenti hanno notato che un ragazzo, un 22enne di nazionalità italiana, dopo aver prelevato due birre, le aveva nascosto sotto al giubbotto
“Sono un po’ acciaccata, sofferente ma ancora viva e ho intenzione di fare molto rumore per ottenere un po’ di giustizia per me e per tutti”. Partiamo dalla fine della conferenza stampa indetta alla sala dell’Arengo a Ferrara per spiegare le intenzioni di Lucia Panigalli – la donna che ha visto assolto l’ex compagno Mauro Fabbri che aveva deciso di farla uccidere pagando due sicari -: quella di far modificare la legge penale e trovare protezione e giustizia.
Una vicenda abbastanza chiara se vogliamo rimanere ai fatti, ma che quando viene traslata sul piano giuridico si complica: il codice penale, infatti, non prevede che il solo accordo possa essere punito come un reato. E questa è stata anche la lettura del giudice che ha assolto Fabbri: voleva ucciderla, aveva pagato 25mila euro più un trattore e un’automobile, ma i suoi ‘sicari’ volevano solo fregarlo, senza avere intenzioni omicide: c’era l’accordo, ma nessun reato, nemmeno tentato.
Nel frattempo, rimane il fatto che la signora Panigalli non è al sicuro: fra un anno circa l’ex compagno uscirà dal carcere, dove è detenuto per aver già tentato di ucciderla nel 2010 a coltellate e botte. E allora si applicherà – per un solo anno – la misura di sicurezza della libertà vigilata. Ma, osserva la signora Panigalli, “la libertà vigilata ce l’ho io: non riesco a uscire di casa; non serve a nulla per proteggere le vittime. Ho paura di tutto, se cammino in mezzo alla strada e sento dei passi veloci dietro di me mi giro di scatto. Quando esco di casa ho sempre il pensiero che qualcuno mi farà del male. È faticoso, siamo nelle mani di Dio”.
“Lui non è che ce l’abbia a morte con me – spiega ancora la vittima, ed è chiaro anche dalle intercettazioni e dalla motivazione della sentenza – vuole risparmiare i soldi del risarcimento civile. E per questo è disposto ad ammazzare me, i miei figli e chiunque sia presente. Cosa capirà da questa sentenza? Se non lo capisce dopo anni di carcere…”.
La richiesta è anche quella di sottoporre Fabbri a una perizia psichiatrica: “Io sono stata visitata da due medici legali e da due psichiatri per capire quanto abbia sofferto e i danni che mi ha procurato, lui no. Ma è una persona che ha bisogno di sostegno, di aiuto e probabilmente di cure: il carcere fatto in questo modo probabilmente non gli è servito a nulla”.
Da destra: gli avvocati Giacomo Forlandi e Eugenio Gallerani, Lucia Panigalli, il sindaco Barbara Paron e l’avvocato Francesca Ravagnan
Per questo, insieme ai suoi avvocati – Eugenio Gallerani e Giacomo Forlani per le vicende penali e Francesca Ravagnan per quelle civili – e a Barbara Paron, sindaco di Vigarano (e oggi candidata con il Pd alle prossime elezioni), lancia un’iniziativa per modificare il codice penale, l’articolo 115 in particolare (quello applicato dal giudice), e fare in modo che, in casi come questo, il mandante possa essere punito per delitto tentato.
“Se non fosse intervenuto il pubblico ministero per fermarlo – osserva Gallerani – magari Fabbri avrebbe trovato uno disponibile, uno che lo avrebbe fatto”. Il tutto con l’aiuto di un video, realizzato da Filippo Vendemmiati, per sensibilizzare le persone sulla vicenda personale della signora e sul suo costante senso di insicurezza, che l’ultima sentenza non aiuta di certo a ridurre: “Tutto questo finirà quando morirà uno di noi due, e spero che sia lui”.
L’intenzione è correggere quello che l’avvocato Forlani ritene essere “un vulnus dell’ordinamento”, allargato anche dal fatto che la signora non sa esattamente quando chi ha tentato di ucciderla una volta con le proprie mani e poi ha pagato qualcuno per farlo al posto suo uscirà dal carcere e ampliato ancora di più dalla possibile assenza di comunicazione tra il tribunale ordinario e il magistrato di sorveglianza sull’ultima vicenda: “Magari, nel frattempo, potrebbe emettere un provvedimento favorevole a Fabbri – spiega l’avvocato Gallerani – come una liberazione anticipata o i permessi premio, magari proprio in relazione al periodo in cui stava ideando questa cosa”. Ancora Forlani vorrebbe almeno che venissero stabilite delle “modalità concrete in cui la libertà vigilata si dovrebbe attuare, mettere a conoscenza la persona offesa del periodo di libertà e della pericolosità sociale. Noi possiamo solo metterci in contatto con il magistrato di sorveglianza, ma solo nel momento in cui Fabbri verrà scarcerato, cioè tra circa un anno”.
“Quando ho saputo della sentenza – commenta il sindaco Paron – anche io non riuscivo a dormire la notte. Mi sono detta che come sindaco avevo la responsabilità della sua salute e della sua vita. Il giudice non poteva fare diversamente, la legge è chiara e allora l’idea è quella di farci aiutare a costruire una maniera per modificare una legge sbagliata, è l’unico modo possibile per proteggere Lucia: una pena uguale al tentato omicidio per il mandante. Vogliamo lanciare una sottoscrizione collettiva, per portare protezione a Lucia e giustizia a tutti noi”.
“Facciamo qualcosa per risolvere questo cortocircuito legale – aggiunge infine la Panigalli -, e speriamo che questo rumore che sto facendo serva anche a far prendere le giuste decisioni a un magistrato di sorveglianza”.
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