All’infamante accusa di un “opinionista” di Estense.com, che vorrebbe vedermi schierato a fianco degli skinheads, magari con la maglietta nera e la testa rasata, rispondo che Fochi non assolve gli skinheads. Sono i giudici che, dopo un processo, eventualmente, assolvono.
Il processo invece, a quanto pare, con testimoni che sposano unicamente le tesi del pubblico ministero, è il solito Daniele Oppo, porta vessillo del pensiero unico politicamente corretto e già in campagna elettorale, che lo intenta. Infatti, è ben lungi dal sottoscritto l’idea di difendere o schierarsi con gli skin heads, come Oppo ha dedotto del tutto arbitrariamente e con un acume non proprio da Sherlock Holmes, ma quanto basta per fare un titolo manipolatorio e denigratorio sul suo giornale on line che meriterebbe di meglio.
Infatti, ci si è limitati a constatare che alcuni attivisti con maglietta nera hanno letto un comunicato, arrogandosi arbitrariamente il diritto di parola durante una conferenza aperta al pubblico alla quale non erano stati espressamente invitati, senza spaccare vetrine, incendiare auto, picchiare il pubblico o i conferenzieri. Insomma, senza compiere atti violenti, limitandosi, in una occasione precisa, a leggere un comunicato, pur senza diritto di parola. Ciò non significa affatto, come deduce Mr. Oppo Watson, che chi riporta questo episodio condivida il contenuto del comunicato e tantomeno l’ideologia che lo ispira, che in effetti dichiaro di respingere totalmente. Le mie osservazioni, travisate e manipolate ad hoc, erano sul metodo, non sui contenuti, ai quali del resto non ho minimamente accennato.
L’arguto giornalista sarebbe senz’altro pronto, per analogia, di fronte ad una malattia diagnosticatagli, ad incolpare il dottore e non i virus o batteri responsabili. Ancora questa abitudine inveterata di guardare il dito e non la luna, che rende di fatto impossibile un rapporto dialettico.
In altri contesti, altrove, magari anche lontano da Como, succede invece purtroppo che accodati ai cortei della sinistra “antifascista” che fa finta di lottare contro le degenerazioni della globalizzazione ma che ne ha sposato interamente la causa, spuntano spesso degli attivisti più attivi di altri che incendiano auto, tirano molotov o estintori contro la polizia, spaccano vetrine , a volte anche mascherati.
Ora , se prendiamo in considerazione la metodologia del dissenso, chi è più fascista? Chi si limita a leggere un comunicato o chi brucia spacca incendia e bersaglia la polizia?
Ben lungi dal cadere nel tranello di voler contribuire a delineare un “fascistometro” (compito che possiamo lasciar sviluppare all’opinionista Oppo), mi limito, come anticipato e promesso, a riportare un parere , se mi permettete un po’ più autorevole di quello del sig. Oppo, dove credo venga meravigliosamente dimostrato l’uso strumentale che le forze di maggioranza e la stampa mainstream amano proporre con l’etichetta iper-politicamente corretta di ’”Antifascismo”, sottile strumentalizzazione che Pier Paolo Pasolini aveva già intuito negli anni 70 ma che il filosofo Diego Fusaro ha espresso più compiutamente in tempi recenti:
“Talvolta, l’ordine dominante viene rinsaldato mediante la conservazione di dicotomie oppositive estinte da tempo, come nel caso dell’odierno antifascismo liturgico in assenza completa di fascismo. Giusto ai tempi di Gramsci e Gobetti, e cioè quando il fascismo era in vita, l’odierno antifascismo a più di 70 anni dalla fine dei nazifascismi diventa una funzione espressiva del pensiero unico politicamente corretto…. L’odierno antifascismo in assenza di fascismo disloca il conflitto e la passione della critica dirottandoli dalla contraddizione presente (il nesso di forza capitalista) a quella estinta (il fascismo). In tal maniera, offre un alibi ai tanti fustigatori di un presente cui sono segretamente organici per non opporsi al fanatismo economico. Permette loro di combattere un nemico già sepolto, accettando placidamente quello in forze, di opporsi al manganello passato accettando in silenzio quello invisibile dell’economia (ingiustizia sociale, disoccupazione, miseria, privatizzazioni selvagge e deregolamentazioni del lavoro). Variante paradigmatica della critica conservatrice, l’antifascismo in assenza di fascismo – l’antifascismo “archeologico” bersagliato da Pasolini – …svolge una funzione apotropaica rispetto al grande dissenso. Accade così, che in una delle molteplici scene di ordinaria postmodernità, mentre i giovani antifascisti in assenza di fascismo si scontrano nelle piazze con i giovani anticomunisti in assenza di comunismo, il capitale, i re della finanza e i signori del globalismo non smettono di realizzare indisturbati le loro politiche, senza che alcun dissenso si levi contro le loro operazioni irresponsabili.”
E tutto ciò (aggiungo io) con il pieno consenso di quella sinistra umanitaria fintamente no global che ha pienamente sposato la causa della globalizzazione, che avvalla pienamente e sostiene la delocalizzazione del lavoro, la volatilizzazione dei capitali, la rimozione dei diritti , in nome della competitività e della mondializzazione, anche attraverso (cito ancora Fusaro) l’elaborazione concettuale del nuovo profilo antropologico dell’uomo migrante, deterritorializzato e senza radici, senza lavoro stabile, sempre pronto a migrare in nome della delocalizzazione della produzione, disoccupato e nomade, senza identità.
Etichette a parte, privare una nazione (senza attuare una prassi partecipativa dei cittadini a scopo consultivo) di sovranità nazionale e territoriale, di sovranità monetaria, di sovranità bancaria, condannare una intera generazione a un 40% di disoccupazione senza la dignità di un lavoro adeguatamente retribuito, spingendone 150 mila all’anno a cercare lavoro all’estero, permettere che raddoppi il tasso di povertà in 10 anni, non battere ciglio di fronte alla deindustrializzazione e alla delocalizzazione della produzione, lasciare che l’intero paese piombi progressivamente verso l’insicurezza sociale e occupazionale e verso una criminalità sempre più diffusa e sempre più legittimamente percepita. Questa è la vera violenza. Si usi l’etichetta che si vuole, ma che non la si ignori.
Sicuramente alle prossime elezioni nazionali i cittadini sapranno a chi dare la colpa di tutto ciò.
Quindi, in conclusione, ricordando e ribadendo per inciso a Daniele Oppo che il sottoscritto non ha mai stabilito equivalenze fra mussulmani e terroristi, come ho già ampiamente dimostrato, ne approfitto per consigliargli la lettura di “Sentire Altrimenti” di Diego Fusaro e di alcuni Scritti Corsari di Pier Paolo Pasolini, di cui ho riportato sopra citazioni che condivido pienamente soprattutto dal punto di vista storico , sociologico, politico e in larga parte anche economico. Potrebbero dargli una mano per approntare un “fascistometro” criticamente elaborato.
Claudio Fochi (M5S)
Gentile Fochi,
glisso sulla sua fissazione che mi vuole coinvolto attivamente nella imminente campagna elettorale, che evidentemente preoccupa lei mentre a me provoca sbadigli. Ma se davanti all’incursione degli Skinheads in un’assemblea pacifica lei alza la bandiera della libertà d’espressione e si cruccia – perfino per chi lo è dichiaratamente – del fatto che vengano definiti fascisti, la lettura non può essere così diversa da quella di una sua “assoluzione” per quel comportamento. E le faccio notare che è una lettura che hanno dato anche persone vicine al Movimento di cui lei è rappresentate, persone che siedono letteralmente al suo fianco in Consiglio comunale, non credo possa né voglia tacciare anche loro di essere portatrici del vessillo del pensiero unico.
Il “fascistometro” credo serva per rispondere alla domanda che lei pone per la ricerca del comportamento più fascista tra comportamenti fascisti. Ma, le dirò, a me non serve, trovo la domanda sbagliata. Chi cerca di imporsi in maniera violenta – che non significa per forza usare l’olio di ricino o spaccare qualche testa, o qualche vetrina – che si professi rosso o nero o verde, per chi le scrive merita quell’etichetta: la violenza in sistema liberale e democratico – come quello in cui viviamo, pur con i mille suoi difetti – è l’antitesi della libertà d’espressione. Più che chiedermi e chiedere ad altri quale comportamento intollerabilmente violento sia più fascista di un altro, mi chiederei, preoccupato, cosa si debba fare per evitare che si ripetano, che prendano il sopravvento e (ri)diventino la normalità. Perché l’antifascismo, anche in assenza di fascisti (ma ne è davvero sicuro di questa assenza?), serve anche a questo, a fare da argine ai rigurgiti liberticidi.
Ma ognuno, d’altronde, per fortuna è ancora libero di farsi le domande che vuole, trovare le risposte che ritiene più adatte e seguire filosofi e filosofie che più gli aggradano.
Daniele Oppo