Cronaca
4 Agosto 2017
Puntata speciale del programma di Rai Tre dedicata alla lunga caccia a Norbert Feher

“Chi l’ha visto?” sulle tracce di ‘Igor’

di Redazione | 3 min

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Spaccio in provincia. Trovato con quaranta dosi di cocaina in casa

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di Giuseppe Malatesta

Igor: la caccia all’uomo, le vittime, i testimoni, il ruolo delle forze dell’ordine impegnate nelle ricerche, il dito puntato contro gli errori del sistema giudiziario, le recriminazioni, la taglia promessa a chi lo consegnerà vivo o morto, il dolore di famigliari e superstiti. Sono fitti e difficili i primi quattro mesi di latitanza di Norbert Feher, come difficili e infruttuose sono le ricerche, “prima prevalentemente basate sull’azione militare, ultimamente su un approccio da intelligence”.

Fatti che ‘Chi l’ha visto’, nella puntata speciale Storie in onda mercoledì sera, ha messo in sequenza, ripercorrendo la vicenda del criminale serbo ricercato per gli omicidi di Salvatore Chianese, Davide Fabbri e del portuense Valerio Verri.

Nel servizio firmato dal giornalista Giuseppe Rinaldi c’è spazio per i protagonisti della breve ma intensa storia criminale, ma anche per gli interrogativi che tengono banco da settimane, e non solo tra i famigliari delle vittime.

“Igor il russo ha tenuto sotto scacco i reparti più qualificati dei carabinieri, in un territorio di 40 km quadrati – narra Rinaldi – per poi diventare un fantasma. Di lui non si sa più nulla. Per anni, con la sua banda (che sequestrò e uccise Giuseppe Tartari nel 2015 – ma lui non partecipò) ha terrorizzato e rapinato le province di Bologna, Ferrara e Ravenna, in un crescendo di violenza e terrore che lo hanno trasformato da sventurato ladro di polli a lucido e pericoloso assassino”.

La sua evoluzione criminale è cosa ben nota a chi – in qualche modo – ha incrociato la sua strada o si è occupato delle sua caccia. A partire dal superstite all’aggressione di Villanova Alessandro Colombani e da Maria Sirica, vedova Fabbri, dai figli di Verri e dal loro legale Fabio Anselmo, passando per il cappellano del carcere di Ferrara don Antonio Bentivoglio e il compagno di cella di Igor, fino al procuratore capo bolognese Giuseppe Amato e agli alti graduati del corpo dei Carabinieri Tullio Del Sette (comandante generale) e Valerio Giardina (comandante provinciale a Bologna), tutti interpellati dai microfoni della trasmissione di Raitre e riproposti in occasione di questo ‘peggio di’.

“Oggi Igor è un latitante sfuggito all’apparato di controllo della giustizia prima ancora di rendersi imprendibile”, sottolinea Rinaldi, che attribuisce alle leggi che regolano lo stato di clandestinità “le responsabilità e gli errori in questa assurda vicenda: perché quell’uomo, per chi lo arresta nel 2007, per la struttura carceraria e per lo Stato italiano è Igor il Russo, un clandestino che si era inventato un’identità e un passato”.

“La mancanza di controllo e di pianificazione delle ricerche – aggiunge – fanno sì che ci si affidi a iniziative individuali, come nel caso del messaggio di allerta nella chat della polizia provinciale, che non evitò comunque la morte di Valerio Verri e il ferimento di Marco Ravaglia. Ma a rendere questa vicenda grottesca è che a ben 60 giorni dall’inizio delle ricerche viene indetta una conferenza stampa dai Carabinieri nella quale viene spiegato alla gente cosa fare qualora ci si trovasse di fronte il latitante”.

Nel frattempo è stata fissata la data del processo a Igor e ai suoi complici (Constantin Fiti, Patrick Ruszo e Ivan Pajdek) che dovranno comparire il prossimo 26 ottobre. Igor è atteso in tribunale per il 13 dicembre. “Sarà presente in quella data o sarà un processo in contumacia? Le forze dell’ordine per allora riusciranno a catturarlo? È un interrogativo lecito, perché a quattro mesi dal delitto di Budrio la domanda continua ad essere sempre la stessa: dov’è Igor?”.

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