Un trasferimento dal carcere dell’Arginone verso altre strutture che ben presto è degenerato in un parapiglia: i detenuti si sfilano le magliette, tirano fuori delle piccole lame, minacciando gesti di autolesionismo e di colpire gli agenti di polizia penitenziaria presenti. Alcuni di essi reagiscono quando gli stessi agenti intervengono per bloccarli, mandandone almeno uno a terra.
Un fatto avvenuto nell’ottobre 2014 nel carcere di Ferrara per il quale sono oggi a processo cinque persone, quattro provenienti dalla Tunisia e una dall’Algeria, con l’accusa di minacce, lesioni personali e resistenza a pubblico ufficiale.
Proprio gli agenti presenti al momento della ‘rivolta’ sono stati chiamati a testimoniare davanti al giudice Carlo Negri nell’udienza di venerdì pomeriggio in tribunale a Ferrara. Dai loro racconti si apprende di come siano iniziate le offese – spesso pesanti – e le minacce, come “uccido tua madre”, da parte di alcuni dei detenuti coinvolti al momento in cui hanno appreso che sarebbero stati trasferiti.
Ma tutto è poi degenerato quando hanno iniziato a sfilarsi le magliette di dossi – gesto che un agente, per esperienza, ha spiegato essere il segnale di un’intenzione di avere una colluttazione – e hanno tirato fuori delle lamette, quelle concesse in carcere e nascoste da alcuni nella bocca, minacciando azioni gravi nei confronti degli agenti e anche contro se stessi.
Il personale del carcere è poi riuscito – non senza fatica – a riportare all’ordine la situazione e ora è il momento del processo. L’udienza è stata aggiornata a gennaio 2018.
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