Ripercorrere a distanza di 60 anni le stesse tappe del documentario che Mario Soldati realizzò per la Rai nel ’57, il “Viaggio nella Valle del Po”, raccontando la storia, le tradizioni, la natura e l’economia della Valle Padana, in otto storiche puntate trasmesse dalla tv. Il 25 aprile cinque giovani giornalisti, fotografi e videomaker ferraresi sono tornati sulle orme di Soldati per riscoprire, nel 60° anniversario del suo viaggio, come si presenta oggi la Valle Padana.
Lo hanno fatto unendo il reportage di viaggio, il racconto enogastronomico e l’approfondimento giornalistico su temi ambientali, economici e culturali. Il tutto nel corso di due settimane, dalle pendici del Monviso fino al grande parco naturale del Delta del Po, per un viaggio che si è concluso il 7 maggio scorso. E ora tutto il materiale raccolto diventerà un documentario che vuole ricalcare quello di Soldati, mostrando cosa è cambiato a sei decenni di distanza.
Michele Lecci, Matteo Rubbini, Ruggero Veronese (giornalisti), Mirko Scapellato (fotografo) e Daniele Bisceglia (filmmaker) non si sono fermati nemmeno un attimo in queste due settimane di viaggio per filmare luoghi e persone: 3-4 tappe al giorno che hanno portato a raccogliere circa 50 ore di “girato”.
“Ora – spiega Michele Lecci – ci sarà la fase della ‘sbobinatura’, poi metteremo a punto la sceneggiatura e si potrà iniziare con il montaggio del documentario. Noi contiamo di poter terminare il lavoro in 5-6 mesi. L’intento è di inviare il documentario a Netflix, mentre con Discovery ci sono già buoni contatti. Inoltre molti dei Comuni che abbiamo toccato nel corso del viaggio ci hanno chiamato per avere la possibilità di presentarlo nei rispettivi territori”.
“Quello di Soldati – racconta Lecci – è stato il primo reportage della Rai dell’epoca, soprattutto in ambito enogastronomico. E’ stato quindi un pioniere dei programmi che vanno molto di moda oggi. L’idea è stata quella di ripetere le stesse tappe per capire cosa e come poteva essere cambiato. Gli stessi ristoranti visitati da Soldati non si sapeva se fossero ancora esistenti o ancora aperti. C’è stata quindi, prima della partenza, un’attività di ricerca durata qualche mese: ho rivisto tutte le puntate del documentario storico e su Google Maps, tramite Google Street, ho cercato gli stessi punti. Quindi abbiamo chiamato i ristoranti che avevano lo stesso nome e abbiamo scoperto che qualcuno era rimasto. Io mi sono occupato più della parte enogastronomica del documentario, come fece Soldati, mentre Ruggero Veronese si è occupato della parte ambientale, arricchendo così il progetto. Fra noi c’era quindi una parte ‘conservatrice’ e una parte ‘progressista’, rispetto all’idea originale del ’57”.
I cinque ferraresi sono stati molto aiutati nella realizzazione del progetto dalle Regioni, dagli enti di promozione turistica e anche da molti privati che sono venuti a conoscenza del progetto (che ha goduto del patrocinio di Unife, del Mab Unesco, del Parco del Po e della Collina Torinese e del Parco del Monviso) dai servizi apparsi su La Stampa e su quotidiani locali. “Siamo partiti a nostre spese – precisa Lecci – e in molti ci hanno dato una mano e chiamato anche solo per offrirci un posto per dormire. Praticamente abbiamo rimesso nella popolazione la buona riuscita del viaggio, quindi è stato anche un esperimento sociale, oltre che una forma diversa di fare giornalismo”.
Michele Lecci riferisce poi della partenza dal Monviso ‘scortati’ da due guardie ambientali del parco a loro completa disposizione, della discesa verso valle con visita a un allevamento di trote, poi ancora giù in una serie infinita di tappe fino a Pila, l’ultimo baluardo abitato alla foce del Po (nella zona di Porto Tolle), passando per la storica azienda vitivinicola Fontanafredda in Piemonte (tenuta che venne iscritta nel patrimonio privato di Vittorio Emanuele II, Re di Sardegna), quindi nell’altrettanto storico ristorante del Cambio di Torino, a Crescentino (sul cui ponte Soldati amava andare a pesca), a Zibello (la città del culatello). Senza dimenticare Morra e i suoi tartufi e, nel territorio ferrarese, il ristorante Tassi, “l’unico del percorso di Soldati a non aver cambiato mai gestione”.
Oltre alla parte nogastronimica il gruppo si è occupato anche della narrazione dell’aspetto ambientale: “E’ stata particolarmente stimolante la visita alla centrale termoelettrica di Ostiglia, che è stata riconvertita: un tempo si usava olio combustibile, mentre oggi si usa il metano e siutilizza l’acqua del Po per raffreddare gli impianti senza che la stessa acqua entri in contatto con sostanze inquinanti”.
Per l’aspetto ambientale del viaggio è Ruggero Veronese ad aver raccolto parecchio materiale: “Per attualizzare il viaggio di Soldati – dice – si è pensato di dare anche un messaggio sui cambiamenti ambientali. Quindi un focus specifico su problematiche legate al Po, spiegate da esperti che abbiamo incontrato. Abbiamo scoperto quindi che i maggiori problemi riguardano la carenza d’acqua dolce, la siccità, la fauna ittica minacciata dal clima e da specie di pesci arrivate da altri Paesi. Più verso la foce il problema è invece la salinizzazione dei terreni che contanima agricoltura. Ci siamo accorti che le emergenze ambientali arrivano sempre a scoppio ritardato, ma sarebbe gravissmo se dovessimo accorgerci con lo stesso ritardo della carenza di acqua dolce”.
Un viaggio produttivo, dunque, con un unico rammarico, che Michele Lecci riferisce senza intenti polemici: “Abbiamo ricevuto davvero da tutti un pieno supporto o quantomeno una risposta a mail o messaggi. Da Ferrara non solo non abbiamo avuto aiuti di alcun tipo (se ci avessero aiutati nell’organizzazione di una sola tappa, ad esempio, sarebbe già stato prezioso per noi), ma non abbiamo nemmeno avuto una risposta nonostante il patrocinio di Unife. Ci hanno chiamato in diretta tv e siamo stati ospiti di tante emittenti, di Comuni, di enti… l’unico ‘buco nero’ è stato qui, a Ferrara. Lo dico non con rabbia, ma con dispiacere”.
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