Attualità
3 Aprile 2017
Alessandro Senaldi raccolta l’esperienza del movimento 25 anni dopo

No Tav, “cattivi e primitivi” solo per politici e media

di Redazione | 3 min

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L’idea di “analizzare i continui processi di criminalizzazione verso i movimenti sociali” sfociata in un lavoro che parla della “resistenza del movimento No Tav”. ‘Cattivi e primitivi’, è questo il titolo del libro presentato nei giorni scorsi all’Ibs dall’autore Alessandro Senaldi che spiega come la definizione “cattivi e primitivi rappresenti la narrazione che danno i politici e i media ai No Tav. All’inizio venivano chiamati primitivi, egoisti e poco democratici poi ad un certo punto il movimento è diventato forte, ha iniziato ad avere consenso e il problema è passato dai montanari primitivi ai cattivi che venivano da fuori”.

È lo stesso autore a precisare che “tutte le accuse di terrorismo mosse al movimento sono state rigettate dopo 5 processi. Si è cercato di dare un nome ed una figura ai nemici ma il meccanismo di terrorismo è stata fatta saltare dalla conoscenza e dalla solidarietà reciproca che il movimento No Tav ha applicato da sempre”.

“Ho voluto dare spazio ai senza voce” dichiara Senaldi, prima di dirsi “pentito per aver utilizzato la parola guerra che avevo pensato in termini evocativi e simbolici, ma la Val di Susa è stato l’unico posto in cui ho ricevuto un rastrellamento. Mi ha parlato di guerra anche una donna di 57 anni inseguita dagli idranti della polizia che ha trovato rifugio grazie ad alcune persone che le aprirono le porte di casa”. Secondo il ricercatore “non c’è un clima di guerra ma continui screzi sì. Ho deciso di indagare con questo libro un aspetto particolare del movimento e cioè la dinamica che si instaura tra rapporto repressivo ed evoluzione dei No Tav”.

“Probabilmente il libro che più di tutti spiega le ragioni del movimento è ‘Sì Tav’ scritto dal deputato Pd Stefano Esposito e dall’architetto vicino ai democratici Paolo Foietta con la prefazione di Pierluigi Bersani – chiosa Senaldi -. Quel libro fa una serie di dichiarazioni a mio avviso diffamatorie senza mai entrare sul merito dei contenuti tecnici”. E ancora: “I No Tav rispondono con la violenza dal basso a quella che gli arriva dall’alto e dobbiamo iniziare ad affermare che la violenza politica non è sullo stesso livello di quella domestica o di una rissa da bar o di una rapina – accusa l’autore del libro -. Oggi si cerca di depotenziare il concetto politico per far rimanere solo la violenza e potergli rispondere in modo repressivo sia da un punto di vista delle forze dell’ordine che da quello giuridico”.

Non è mancato un accenno alla situazione attuale in Val di Susa: “Si è deciso di fare il progetto nella parte con l’amianto anziché in quella dell’uranio – ironizza Senaldi -. Siamo ancora in via preliminare e fino a che rimane tale l’Europa non sgancerà soldi per finanziare il valico”.

“E’ un dato di fatto che prima dell’arrivo del M5S in Parlamento non si vedevano sventolare bandiere No Tav in aula ed è stato importante anche l’apertura di inchieste parlamentari sull’opera” polemizza l’attivista, augurandosi che “il movimento No Tav continui ad esistere fino alla vittoria finale. I ricercatori devono fare come Roberta Chiroli (condannata a 2 mesi per concorso morale in violenza aggravata e occupazione di terreno per aver usato il ‘noi partecipativo’ nella tesi ndr), analizzare criticamente il mondo e andare a vivere di persona nei luoghi difficili perché altrimenti si fatica a capire chi sono i buoni e chi i cattivi”.

“Il mio obiettivo futuro è quello di togliere la cortina di fumo che è stata fatta sui movimenti sociali – conclude Senaldi -. Nel nostro paese le chiacchiere da bar stanno influenzando la politica, basta vedere cosa è il decreto Minnitti”.

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