Lettere al Direttore
24 Novembre 2016

Violenza sulle donne, non c’è gesto passionale che tenga

di Redazione | 3 min

La società spesso perdona il criminale, ma non perdona mai il sognatore“. L’aforisma di Oscar Wilde mi torna in mente quando si parla di uomini che ammazzano le donne; quando mariti, fidanzati, o “ex” usano violenza sulla donna che dicevano di amare. Mi viene in mente quando su tali crimini cade il velo, poco pietoso, della “passionalità” o si descrivono come delitti di impeto, di gelosia, “raptus”.

Quando si compie una violenza di genere, la donna muore in maniera atroce, crudele, terribile, troppo spesso tra le mura di casa e per mano di un “amore” o di un “ex”, magari per aver scelto la libertà di ricominciare a vivere lontano da chi le maltrattava.

Eppure, con la frequenza alla quale la triste cronaca ci ha abituato, è sempre la vita delle vittime a finire sotto la lente d’ingrandimento di chi narra e di chi ascolta. E’ il suo comportamento ad essere indagato, investigato e troppo spesso giudicato. E’ il corpo della donna ad essere scrutato, in vita e nella morte, alla ricerca dell’origine del “gesto insano”.

Davanti al bollettino di guerra delle statistiche non c’è gesto passionale che tenga, non possono esistere giustificazioni. Chi arma la propria mano contro una donna, generalmente ha già manifestato la propria violenza in altri modi. Alcune volte capita che la denuncia venga sottovalutata, in virtù della relazione affettiva; talvolta neppure le leggi garantiscono una pena certa ed esemplare a carico dei violenti. Così registriamo (ultimi dati Istat) la drammatica cifra di 6 milioni e 788 mila donne che hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza, fisica o sessuale, delle quali il 31,5% ha un’età compresa tra i 16 e i 70 anni.

La poeta polacca Wislawa Szymborska scrive:

La vita sulla terra costa abbastanza poco.

Per i sogni ad esempio qui non paghi un soldo.

Per le illusioni – solo se perdute.

Per il possesso di un corpo – solo con il corpo“.

Il possesso è il movente più frequente quando si parla di “femminicidi”, un termine che nella sua sgradevole durezza racchiude tutto un mondo, la forza di un sogno spazzata via dalla debolezza di una sconfitta.

Allora se il 25 novembre – giornata mondiale contro la violenza sulle donne – ha un senso, questo è tutto racchiuso nella potenza di un percorso comune da compiere, uomini e donne. Consapevolezze da acquisire e impegni da assumere, ad esempio la consapevolezza che ogni violenza subìta è un reato e l’impegno verso la parità dei diritti che no, non è ancora acquisita.

Nel mondo ci sono quasi 900 milioni di adulti analfabeti, i due terzi sono donne. In questo modo, non solo si nega il diritto umano all’istruzione, ma – come afferma l’Unicef – tale esclusione rappresenta una grave ipoteca sul futuro di una società intera.

Ce lo confermano ogni giorno i migranti che arrivano nel nostro “mondo”, coloro che fuggono dalle guerre, assieme a chi abbandona situazioni di povertà estrema. Ce lo raccontano le storie delle profughe arrivate a Goro, già vittime di abusi e maltrattamenti, forti del sogno di una nuova vita ed invece respinte in modo irragionevole.

Il 25 novembre è anche per loro, per i figli che hanno in grembo, per i loro sogni. Ma soprattutto è per quegli uomini che non riescono a tollerare l’idea di vivere con chi gli è pari in diritti e dignità.

Annalisa Felletti

assessora alle Pari Opportunità del Comune di Ferrara

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