di Alberto Canevazzi
Bondeno. L’arte non può diventare popolare, ma è il popolo che deve diventare artista. E’ da questo pensiero di Oscar Wilde che Massimo Scrignòli struttura il discorso di presentazione di Regesto, il suo libro .
“E’ il lettore che deve capire l’artista e non viceversa. Per tradurre la poesia ci vuole un poeta, altrimenti si rischia di perderne il contenuto”. Lo scrittore si sofferma proprio sulla questione del contenuto: “E’ ciò che di più grande ha la poesia. Se la narrativa racconta una storia, ha un inizio e una fine, la poesia mette in campo un significato che va ben oltre le semplici parole”.
Nella attiva e coinvolgente serata di venerdì 11, presso la Società Casa Operaia di mutuo soccorso di Bondeno, si è cercato di instaurare un discorso che riflettesse tanto sul libro in generale, quanto sulle singole poesie. Infatti, sono stati gli stessi partecipanti a leggere numerosi estratti della raccolta di sillogi. Al termine di ogni singola lettura, Scrignòli racconta di come è nato il libro e da cosa è composto. “Il mio intento – parla l’autore – non è stato quello di fare un’auto-antologia: ho semplicemente voluto ridare vita a poesie che altrimenti sarebbero state quasi introvabili”. E continua: “Mi sono accorto di essere arrivato alla fine di un ciclo, di una fase; ecco perché nasce Regesto“. Il titolo stesso ci dà un’idea del tipo di lavoro che è stato fatto dal poeta: “Regesto”, oltre ad essere una poesia interna al libro, significa registro, rendicontazione.
A presentarci l’autore è Fabrizio Resca: “Massimo è un poeta vero, non un semplice verseggiatore. Ha cominciato da giovane a lavorare nel mondo dell’arte, e oltre ad essere un grande scrittore ha dimostrato una grande capacità imprenditoriale ed editoriale”. Ancora Resca: “la sua poesia presuppone da parte del lettore una conoscenza notevole di tutto quanto il mondo dell’arte. Questo genere, al contrario dei romanzi, si sa dove comincia ma non si sa dove finisce”.
In conclusione viene citato un pensiero di Conte: se in occidente c’è crisi nell’arte, non è colpa della poesia, ma c’è una patologia generale della società.
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