Codigoro
1 Novembre 2016
Parla Angelo Bruno, titolare della casa famiglia di Codigoro che ospita sette giovani migranti

Accoglienza a L’Airone. “Più che business è un servizio sociale”

di Redazione | 4 min

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di Giuseppe Malatesta

Codigoro. Attente, curiose, volenterose. Usa solo aggettivi positivi Angelo Bruno, il titolare della casa famiglia ‘L’Airone’, per descrivere le sette ragazze migranti accolte nella sua struttura, alle prese con i primi momenti di apprendimento e aggregazione.

“C’è molto da lavorare, ma ne varrà la pena. Aiutano gli ospiti, che a loro volta le aiutano con la lingua. Avevamo timore all’inizio, ma notiamo una perfetta integrazione”. Danno una mano le giovani profughe. Quattro di loro sono arrivate a Codigoro proprio la notte delle barricate. “Verso le 23 mi contattò il sindaco di Comacchio – ripercorre Bruno –, comunicammo la disponibilità per due posti. Ne arrivarono quattro, stanche e quasi svestite, tutte ancora da sistemare, accompagnate dai sindaci Tagliani, Fabbri e Zanardi. Saranno con noi fino al 31 dicembre, poi se rinnovano le concessioni e si vedrà”.

Chi deve fronteggiare l’emergenza pensa a loro quasi subito, “perché ci occupiamo di sociale da anni, abbiamo esperienza e conoscenze nel settore” ci informa Bruno, che di mestiere fa il medico condotto. “Appena le ragazze saranno in regola con il sistema sanitario nazionale diventeranno mie pazienti: una doppia convenienza se vogliamo, ma sicuramente un’opportunità anche per le ragazze. Mia moglie Annamaria Duffini proviene da Camelot – continua a raccontarci -. Lì era una punta di diamante, poi abbiamo iniziato insieme ad occuparci di assistenza, dagli anziani alle donne vittime di violenza ai bambini”.

A Ferrara la coop L’Airone, di cui Bruno è presidente, gestisce con successo la comunità ‘Nuova casa di Federica’, ma né tramite questa né tramite la casa famiglia avevano offerto disponibilità alla Prefettura per l’accoglienza migranti “Volutamente. Abbiamo però risposto ad una richiesta di aiuto, con un vantaggio, se così si può chiamare, in termini di visibilità. E poco altro”.

Passando ai conti, in qualità di ospitante la struttura percepisce 30 dei 35 euro giornalieri destinati alle ragazze, il resto è di Asp che gestisce il pocket money (2,50 euro contante per ciascun migrante), accantona la buonuscita (50 cent per una sorta di Tfr di fine progetto) e fa fronte a spese di vario genere, dal mediatore culturale ai trasporti alla vestizione. “In questi casi non ci si arricchisce” dice Bruno, anche in risposta alle insinuazioni sull’aver “fiutato un affare”. “Se punti sui grandi numeri come fa ad esempio Camelot ne fai un business, ma nel nostro caso si tratta di margini risicati di guadagni. Siamo in sovraffollamento, dovrò aumentare le ore dei dipendenti e rispetto alla retta di un normale ospite dal punto di vista manageriale ci rimetto almeno 10 euro al giorno. “Alla fine dei conti – conclude – non ci vado certo a perdere con l’accoglienza, ma nemmeno a guadagnarci. Posso dimostrarlo in ogni momento, invito i maldicenti a passare un giorno con noi per capire che le case famiglia più che un business sono un servizio sociale”.

Sul futuro, sempre restando nel manageriale, le idee non sono ancora chiare. “Sicuramente buttarsi sui grandi numeri con l’accoglienza è più conveniente, ma c’è un impegno molto diverso da assumere, direi politico. E’ una scelta che potremmo fare per creare posti di lavoro, ma quando le aziende diventano grandi poi si corrono anche più rischi. C’è tanto da valutare, non lo escludo, ma se dovesse essere gestiremmo tutto in modo particolarmente umanitario – sottolinea Bruno -, senza nulla togliere alle altre strutture”. Per adesso ci si concentra sui nuovi ospiti, con uno sguardo ai concittadini insospettiti. “Si parla di nuovi arrivi ma sono numeri troppo elevati per noi. Per quanto ci riguarda stiamo cercando appartamenti per spostare le ragazze in modo da evitare il sovraffollamento, su Comacchio o Fiscaglia, su Codigoro non abbiamo disponibilità. Non so se sia per razzismo, qui l’esperienza passata è positiva, con una 40ina di migranti già integrati”.

Certi che il precedente di Gorino non possa cambiare le cose? “Gorino è vittima di una cattiva comunicazione – ci risponde Bruno -. Anche io avrei fatto come il proprietario dell’ostello se mi avessero trattato in quel modo. Ma non è solo questo, è anche questione di realtà. Codigoro è economicamente stabilizzata, più ricca, più grande e culturalmente più avanzata, con tanti laureati. Goro è invece una realtà più povera ed emarginata in cui la paura prende più facilmente il sopravvento, derivata dall’ignoranza”.

(le foto sono tratte dalla pagina Facebook de L’Airone)

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