Economia e Lavoro
16 Settembre 2016
La direzione generale: "Il progetto di finanza non c'entra, riduzioni non cambiano livelli quantitativi e qualitativi del servizio"

Mensa di Cona, le precisazioni dell’Azienda ospedaliera

di Redazione | 4 min

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index1È l’azienda ospedaliero universitaria Sant’Anna, tramite la direzione generale, a prendere questa volta la parola in merito ai disservizi nel servizio mensa per gli operatori dell’ospedale denunciati dai sindacati.

La nota tende a smentire in buona parte quanto affermato dalle organizzazioni sindacali, pur riconoscendo almeno da qualche lato la riduzione qualitativa e quantitativa dell’offerta, seppure mantenuta a un livello standard.

Pasti ‘dimezzati’ per i dipendenti di Cona

“Le modificazioni nel servizio mensa – spiega la direzione generale del Sant’Anna – non hanno origine all’interno della sfera del contratto di gestione e costruzione e non possono essere pertanto “imposte da un progetto di finanza”, trovando la loro causa esclusiva nella necessità da parte dell’Azienda di dare applicazione a norme legislative (L. n.° 135 del 2012) intervenute sui vincoli di spesa delle Pubbliche Amministrazioni previsti dalla contrattazione nazionale per l’istituto della mensa. Conseguentemente le condizioni o meglio le regole per accedere da parte dei dipendenti e delle figure ad essi assimilarti (per esempio specializzandi di provenienza universitaria in regime assistenziale), non sono state cambiate, restando l’accessibilità alla mensa disciplinata dalle modalità già in essere da tempo in Azienda. Le modificazioni apportate al regolamento vigente hanno riguardato il costo a carico dell’Azienda che è stato riportato nei vincoli massimi di legge con una riduzione del prezzo pari a 0,99 euro, la misura del contributo a carico del dipendente che è stata portata da 1,03 a 1,40 euro, non in maniera definitiva in quanto si è in attesa di chiarire l’esatta interpretazione a seguito del parere specificamente richiesto su tale punto”.

Il secondo punto è quello relativo al servizio “mensa di reparto” – ovvero ai pasti portati agli operatori nei singoli reparti – soppresso dal 1° settembre: “La soppressione delle ‘mense di reparto – scrive il Sant’Anna -, che sia detto per chiarezza non riguarda i pasti ai degenti ma solo i pasti mensa portati direttamente al dipendente nel reparto di assegnazione, è stata decisa non in omaggio ad una logica di riduzione dei costi, come sostenuto nel comunicato ma in ossequio ad un principio di parità di trattamento che impone di trattare allo stesso modo le stesse situazioni di fatto ed in modo differenziato quelle caratterizzate in maniera diversa. In primo luogo risulta evidente a chiunque che annullare la detta modalità di consumazione del pasto non equivale ad inibire o plafonare il consumo dei pasti, tanto che lo stesso numero dei pasti mensa fruiti in reparto può essere fruito attraverso i normali accessi alla mensa. In secondo luogo un principio di buona amministrazione impone di collegare la fruizione di modalità aventi carattere di straordinarietà, come nel caso di specie, a specifici presupposti giustificativi che abilitino un numero limitato di casi che non può essere definito tale quando la frequenza dei casi particolari supera nell’anno il numero di 20.000 pasti”.

In definitiva, per la direzione generale, “il peggioramento della qualità è sostanzialmente ascrivibile alla sostituzione delle posate e stoviglierie in acciaio con quelle di plastica, alla riduzione delle scelte disponibili passati da nove a tre menù e dalla eliminazione delle bevande dal menù, si tratta di modificazioni che possono essere ritenute non proporzionali con la riduzione del prezzo riconosciuto al fornitore ma che mantengono qualità e quantità all’interno di un livello pari a quello correntemente riscontrato per le mense dipendenti”. Provando a interpretare il passaggio: qualità e quantità del servizio vengono limati verso il basso – riduzione dei menù disponibile, esclusione delle bevande, stoviglie in plastica – ma mantengono uno standard minimo.

“Diversa e più grave cosa sarebbero eventuali comportamenti opportunistici del fornitore tesi a erogare un più basso livello di servizio rispetto a quello negoziato, a tale proposito – fa sapere l’Azienda ospedaliere – questa Amministrazione ha già comunicato a chi di dovere che porrà in essere tutte le forme di controllo consentite e i rimedi previsti dal contratto o dalla legge. Infine ma non per importanza, nella rinegoziazione del costo pasto mensa l’Azienda ha dato la possibilità, portata a conoscenza di tutte le rappresentanze sindacali dell’Azienda, al fornitore del servizio mensa di utilizzare gli impianti esistenti all’interno dell’ospedale per effettuare produzioni di pasti a favore di soggetti esterni, produzioni evidentemente aggiuntive rispetto alla mensa dipendenti e ai pasti ai degenti che, peraltro, non necessariamente avranno una diminuzione quantitativa”.

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