Lettere al Direttore
26 Luglio 2016

Manager coi soldi degli altri

di Redazione | 2 min

Una volta ti chiamavano “compagno” con il “tu” e se non lo eri diventavi  un  “borghese”, poi “amico” con il “ti”, poi “carissimo “, “gentilissimo”  con il Lei.

Una metamorfosi che va  dal “Capitale” di K. Marx   al pregresso naturalismo economico di A. Smith e successivi.  In tale direzione  si sono “evolute”,  si fa per dire, le leggi sul lavoro, lo statuto dei lavoratori,  le pensioni, la Costituzione , etc.

Parlano di imprenditoria ma la lasciano fare agli altri. Dicono che  non esiste più il posto fisso e la stabilità di impiego ma  non per loro  tutti dediti a quelle certezze basate sulle incertezze e precarietà e sacrifici e versamenti altrui. Loro si fanno serenamente  da parte, ci lasciano lavorare perché  aspirano al posto o incarico  nello Stato, banche, parastato, partito, sindacato, patronato, prete, soldato, etc.

Parlano di rischio di impresa, capitale a rischio: non il loro.  Sono manager coi soldi degli altri, che bello,  che hanno acquisito ricchezza  e quando le cose vanno male  loro non ci rimettono mai di tasca propria,  per loro continua ad andare bene.

Caso recente quello di quelle banche e di quei bancari che si sono improvvisati banchieri e della loro nota “mala gestio” fatta  sempre coi soldi e sacrifici degli altri e mai con i loro. Ci hanno rimesso solo gli onesti risparmiatori che ora, come non bastasse, sono  sotto la scure del bail in. Loro non ci hanno rimesso nulla anzi hanno beneficiato e ne beneficiano.

 Si sono ben garantiti ed intruppati e quando la barca sulla quale tutti navighiamo  affonda lentamente   loro stanno a guardare e danno il ritmo ed a noi tocca remare… Guardali bene in faccia, gli ridono gli occhi, sanno di conoscere bene le regole del gioco e si  sentono giustamente superiori a te. A te che gridi, che scrivi ordini del giorno, che protesti, che chiedi il rinnovamento dei quadri dirigenti, che rifiuti, che t’agiti, che speri e alle spalle hai tanti sogni infranti…  Loro hanno capito tutto.

Pietro Zappaterra

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