Attualità
11 Giugno 2016
Il filosofo Illiceto ha presentato il suo libro che rivisita la famosa parabola in chiave attuale. Don Bedin: "L'immigrazione non è un pericolo per la cristianità"

Il figliol prodigo e l’umanità che affonda con i barconi

di Redazione | 3 min

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paraboladi Mattia Vallieri

La rivisitazione di una delle parabole più famose del Vangelo in chiave attuale per spiegare come la nostra epoca non sia poi così distante da quella in cui visse Gesù. È questo quello che ha provato a fare il filosofo Michele Illiceto con il suo libro ‘La parabola del terzo figlio. Il figliol prodigo nel post moderno’ presentato alla sala della Musica.

“Oggi è l’11 giugno 2016 ed esattamente un anno fa i tg davano notizia del ritorno sulla terra della Cristoforetti, il servizio successivo mostrava un muro di soldati che non facevano passare i migranti al confine di Ventimiglia”, introduce Raffaele Rinaldi (Associazione Viale K), eventi questi che a suo dire “mostrano come da una parte l’uomo riesce a crearsi il paradiso in terra e subito dopo l’inferno”. La riflessione di Rinaldi prosegue e si articola: “La vera ricchezza si è costruita quando l’uomo ha deciso di uscire dalle caverne, oggi invece assistiamo a un cinismo che ci squalifica come persone, in un mondo in cui solidarietà e misericordia vengono visti come buonismo lacrimevole e acritico”.

La parola passa all’autore del libro che inizia a raccontare il suo lavoro: “Ho voluto rileggere la parabola del figliol prodigo in ottica post moderna, chiedendomi chi è questo figlio giovane che va via di casa? E il figlio maggiore oggi da chi è rappresentato?”, si domanda Illiceto.

Addentrandosi nella parabola il filosofo spiega la decisione del padre di far partire il figlio minore sostenendo la tesi che “l’amore non è possedere ma prendersi cura degli altri e i casi di femminicidio ci fanno capire che tante persone ragionano come tu esisti perché ci sono io, ma noi non siamo padroni di nessuno”.

Si passa poi ad affrontare la questione della dignità che il figliol prodigo “perde in un porcile, oggi noi stiamo dimenticando la nostra umanità nei barconi che affondano e nello sfruttamento” continua il suo affondo Illiceto, il quale poi si sofferma sul perdono del padre verso il figlio visto come “un nuovo inizio che si scontra invece con l’ipocrisia del figlio maggiore che è quella di tanti cristiani che credono di avere Dio in tasca ma non si rendono conto che lo scopo di un cristiano è quella di aiutare e perdonare il prossimo”.

“Questo racconto di Gesù è basato sull’amore di un padre verso il figlio, di un figlio verso il padre ma anche di un fratello verso l’altro, per questo il peccato del fratello maggiore è più grande perché se ami Dio non puoi non amare il prossimo”, dichiara l’autore del libro.

Le conclusioni sono di don Domenico Bedin che sottolinea come “è fondamentale vedere l’emergenza profughi come nuova sfida per l’umanità e non è assolutamente vero che l’immigrazione mette in pericolo la cristianità, al contrario dobbiamo essere accoglienti e aprirci a nuove culture”.

“Come Associazione Viale K – commenta don Bedin – stiamo facendo diverse azioni come mettere fiori in carcere, far imparare l’italiano ai bambini che arrivano da noi e acquistare un immobile in un posto difficile con il sogno di creare un luogo per far incontrare le persone che abitano lì: credo che questa sia misericordia”.

VIDEO – L’intervista a don Bedin

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