In via Comacchio è apparsa una piccola cabina arancione, con il simbolo della polizia municipale e un’avvertenza minacciosa: “Attenzione – controllo elettronico della velocità”. Peccato che al suo interno non via sia nulla.
Si tratta di un dissuasore della velocità, di quelli che non molto tempo fa generarono molte polemiche, soprattutto per via di un servizio de Le Iene, la cui funzione è quella, appunto, di far rallentare gli automobilisti. Il nome è emblematico per essere un finto autovelox: TruBox.
La funzione di tali armadietti è in realtà duplice: possono fungere da dissuasori con la sola presenza, oppure contenere realmente un rilevatore laser della velocità (distribuito dalla stessa ditta, la Eltraff Srl), ma in questo secondo caso sarà necessaria la presenza delle forze dell’ordine addette al controllo. Solo che, almeno per il momento, le scatole arancioni di acciaio inossidabile hanno al loro interno un autovelox sì, ma di cartone, letteralmente.
Insomma, un ‘inganno’ per fare in modo che gli automobilisti sollevino il piede dall’acceleratore mentre percorrono via Comacchio.
Un nostro lettore, Anio Benazzi, ha inviato una lettera alla redazione mettendo in dubbio la loro legittimità. E i dubbi non appaiono del tutto infondati, merito dei pareri discordanti che giungono dal ministero.
Molti Comuni negli ultimi anni hanno provveduto a comprarli e sistemarli nelle strade più ‘calde’ ma nel 2014 l’allora ministro dei Trasporti Maurizio Lupi sbottò diffondendo comunicati indirizzati sia al pubblico che, nello specifico, al presidente dell’Anci Piero Fassino: per il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – si legge nelle note del marzo 2014 – “non sono inquadrabili in alcuna delle categorie di dispositivo o di segnaletica previste dal vigente Codice della Strada” e pertanto “non sono suscettibili né di omologazione né di approvazione o autorizzazione”. Di più, il ministero aggiungeva che i finti autovelox possano anche costituire un pericolo: “La loro eventuale dislocazione a bordo strada dovrebbe considerare la possibilità che tali manufatti possano costituire ostacolo fisso, ancorché posti al di fuori della carreggiata”. Così l’invito a Fassino a “dare ampia diffusione” alla lettera di Lupi, “affinché le varie amministrazioni possano tenere conto delle considerazioni appena svolte nelle loro valutazioni che, peraltro, non dovranno prescindere da una valutazione complessiva della congruità della spesa, sia in termini specifici che sotto il profilo dei benefici conseguibili ai fini della sicurezza stradale”.
Il ministro citava anche ben nove pareri avversi ai finti auto-velox rilasciati dal suo ministero ai Comuni richiedenti.
Storia chiusa? Nient’affatto: esistono due pareri – dell’aprile 2014, quindi del mese successivo alle esternazioni di Lupi – che invece dicono l’opposto: “Nessuna disposizione normativa impedisce ai comuni di installare gli armadietti porta autovelox dove meglio credono. Anche come semplici dissuasori. Purché ogni tanto venga effettivamente realizzato qualche controllo di polizia stradale ospitando un misuratore al loro interno. E nella segnaletica di preavviso non vengano impiegati marchi che trasformano il segnale in pubblicità”. Curiosamente – come denunciato dal sito Automoto.it – tali ultimi pareri non sono disponibili sul sito del ministero, ma lo sono sul sito poliziamunicipale.it. A pagamento.
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