
(foto di Massimo Calabresi)
“A chi mi definisce una pioniera della boxe femminile italiana non posso opporre obiezioni, anche se tale parola porta alla mente a tempi antichi e, per quanto longeva possa essere come atleta, vi garantisco che non si tratta di così tanti anni fa…”
E’ la penna di una brillante Simona Galassi quella che scrive queste righe (le prime di un paio di pagine) a prefazione del libro di Gualtiero Becchetti: “Donne da ring”. Dopotutto chi avrebbe potuto vestire meglio i panni di madrina di quest’opera se non la romagnola allieva di Alessandro Duran, che oltre ad essere un’atleta “longeva”, nonché una “pioniera” della boxe femminile italiana, sta andando a caccia del suo terzo mondiale in due anni. Ancora la caccia della vetta del mondo per Simona, quell’Everest tra le corde che la pugile cerca da qualche anno, come coronamento della sua brillante carriera.
Un sogno che le riempie la testa, quello di tornare a casa con la cintura più prestigiosa, quella che per tanti anni la Galassi ha meritatamente indossato; quel sogno che l’ha portata a Ferrara, “la mia seconda casa”, quella città estense che proprio oggi, a una settimana dal suo prossimo match le ha conferito un premio alla carriera.
“Questa donna ha portato il nome di Ferrara in giro per il mondo”, sono le parole di Simone Merli – “per questo motivo abbiamo voluto ringraziarla con questo riconoscimento. I suoi meriti sportivi sono indubbi, così come il suo talento. Avrebbe meritato di più nel corso della propria carriera, soprattutto dal punto di vista mediatico. Siamo orgogliosi che un’atleta come Simona si alleni qui a Ferrara e che consideri la nostra città la sua seconda casa.”.
La Galassi è lusingata, mai timida, arrossisce appena, sorride, spalanca i suoi occhi di ghiaccio, ringrazia e racconta la sua esperienza estense, dai nuovi amici, al ritrovamento di se stessa come pugile; grazie ad Alessandro e grazie all’avvicinamento ad un pugilato che non aveva mai conosciuto prima: quello che si respira tra le mura della palestra dei Duran. Difficile immaginare il contrario di una famiglia che si nutre da decenni di noble art. Ed è proprio da questa cultura insita in casa Duran che nasce l’idea del libro di Gualtiero Becchetti (fratello di Augusta Becchetti, moglie di Carlos Duran e mamma di Alessandro e Massimiliano Duran, ndr.). Un libro che racconta delle “donne da ring”: non solo pugili e soprattutto non solo personaggi vincenti, bensì “atlete che hanno alzato le braccia, ma anche atlete che non l’hanno fatto, – spiega l’autore – arbitri, donne vicine al mondo del pugilato”, il tutto raccontato senza svelare i nomi delle protagoniste: spazio alle storie e all’immaginazione, “il gioco è un po’ quello dell’indovinare il personaggio, – racconta Simona Galassi – chi conosce la storia e l’ambiente del pugilato può provare a comprendere di chi si tratta. La penna di Gualtiero è la più adatta a descrivere questi personaggi: lui è nella boxe da anni e conosce molto bene questo mondo e ne sa descrivere al meglio i retroscena. Spesso sono quelli ai quali si dà meno importanza e che invece rappresentano davvero questo mondo: il sudore, la fatica, il non arrivare dove si vorrebbe. Alla fine quelli che arrivano sono davvero pochi, mentre all’interno della boxe ci sono tante storie che meritano di essere raccontate”.
“Sono tanti anni che seguo il pugilato, – conferma Becchetti – per motivi fisici ormai non posso più praticarlo e non ho potuto praticarlo in passato, – scherza l’autore – ma è una realtà che ho sempre vissuto da vicino. Ho voluto raccontare di storie di persone, prima ancora che di nomi, perché volevo che tutti potessero immedesimarsi in una storia e non in un personaggio. Volevo che anche chi non nutre nessun tipo di interesse per la boxe potesse trovare interessante il libro. Ho voluto inoltre essere libero di poter scrivere come volevo; l’identificare i personaggi con i nomi mi avrebbe portato a dovermi confrontare con chi queste storie le ha vissute davvero, ma io non intendevo scrivere biografie, io intendevo scrivere di emozioni e di persone, osservate dal punto di vista dell’autore. Chi scrive spesso indossa occhiali diversi e osserva le situazioni da angolature differenti, chi scrive ha il compito di tramutare una comune goccia di pioggia in una goccia unica al mondo”.
E unica al mondo sarebbe anche l’impresa della Galassi, semmai riuscisse. L’appuntamento della pugile è dietro l’angolo: lunedì si parte, direzione Città del Messico, obbiettivo Mondiale il 12 dicembre, contro Jessica Chavez, attuale campionessa del Mondo WBC (24 vittorie-4ko-4 sconfitte e 3 pareggi). L’impresa è ardua, “organizzare questo incontro non è stata una passeggiata, – racconta Alessandro Duran, – io non sono un manager, sono un allenatore, ma per Simona ho cercato di sfruttare tutte le mie conoscenze del passato nel mondo del pugilato, per cercare di organizzare questo match. Io ero uno dei primi a guardare la boxe femminile con il sorriso stampato sulle labbra, – prosegue Duran – guardavo con distacco le donne che boxavano. Conoscere Simona mi ha aiutato a cambiare idea: lei è un pugile, non esiste distinzione di genere, lei è un’atleta incredibile, meritava tanto, per tanti motivi dovuti alle circostanze attorno a lei non è divenuta il personaggio mediatico che avrebbe potuto essere, ma lei merita questo Mondiale, così come lo meritava quest’estate. Io dico a Simona quello che le ho detto prima del suo ultimo incontro: vinci il Mondiale e finiscila qui. Perché è sempre più difficile fare pugilato, perché gli anni passano anche per lei. Contro la Dionicius a Manerba per me lei ha vinto, non mi davo pace la notte dopo il match – confessa Duran – perché Simona meritava di vincere. Lo merita ancora: è pronta, è allenata come non mai, non sarà semplice però, perché il talento della sua avversaria non è minore di quello della Dionicius o della Kentikian. La Chavez è un’atleta in grado di riempire i palazzetti, il 12 dicembre sarà il match clou a Città del Messico, Simona deve vincere e finirla qui”. E come dar torto a Duran? Dopotutto una come la Galassi che vive di pugilato da anni, dopo il coronamento di un sogno e la fine di una prestigiosa carriera di sacrificio forse avrà anche una lunga lista di “cose da fare” una volta appesi i guantoni, anche se per il momento la pugile è ben concentrata su tutti i consueti step pre match, senza contare che alle canoniche difficoltà del caso si aggiungerà anche il jet lag e l’altitudine, elemento da non trascurare e contro cui la Galassi sta già prendendo precauzioni, vestendo nei momenti di riposo una maschera che prepara il suo fisico a quelle che potranno essere le difficoltà respiratorie sull’altopiano di Città del Messico. Quel Messico dove già lei ha combattuto e perso la vetta del mondo con quel verdetto mai accettato e ancora dubbio contro Mariana Juarez, quel Messico dove sarà sola, con il suo coach e il medico, sola con se stessa e la sua voglia di vincere: “Non sarà semplice, la mia avversaria ha esperienza, – racconta la Galassi – assomiglia più alla Kentikian che alla Dionicius in quanto a fisicità, anche se non riesco ancora ad inquadrarla al meglio, in alcuni match sembra molto veloce, in altri sembra molto più lenta, sebbene dia sempre un grande ritmo al match. Per quanto riguarda me dovrò cercare di essere più spregiudicata che mai, dovrò anticiparla sempre e prestare attenzione alle sue entrate a testa bassa: questa è davvero la mia ultima grande occasione, dovrò giocarmi il tutto per tutto. Mi sto allenando da settembre, in preparazione di un ipotetico Mondiale di questi tempi, il problema sarà l’altitudine, ma sto utilizzando integratori che prepareranno il mio fisico a questo. Mi spiace solo che per la Chavez ci sarà un movimento mediatico importante, mentre dall’Italia non ci sarà seguito per il mio match da parte della stampa: vincere così sarebbe comunque ancora più bello”. La voglia di vincere e di mettersi alla prova che non passa mai, questa è Simona Galassi, questa è l’atleta quarantatreenne che lunedì allaccerà le cinture per volare dall’altro capo del globo a caccia della cintura iridata, per provare a portarla in Italia, tra le mura delle sue due “case”: quelle estensi e quelle della sua amata Santa Maria Nuova (Bertinoro)… se non è una campionessa questa…