Eventi e cultura
23 Novembre 2015
Il cantautore racconta l’evoluzione sociale e musicale fino al Rock'n'Roll Robot

Alberto Camerini, un Arlecchino tra le tante ‘Italia’

di Redazione | 3 min

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1271fe29-d041-44b3-a012-7c2189134abbdi Anja Rossi

Gli anni Ottanta, l’amore per le storie, i colori di Arlecchino. Alberto Camerini si racconta all’ultimo dei tre giorni dell’Officina del Vintage, la manifestazione giunta alla terza edizione e che ha accolto nelle sale dell’Imbarcadero del Castello i numerosi interessati al vintage.

Nato in Brasile da una famiglia di origine ebraica, trasferitasi nel 1938 a causa delle leggi razziali, da adolescente ritorna in Italia. Dopo le prime band formate al liceo Beccaria di Milano, Alberto Camerini forma ‘Il Pacco’, di cui facevano parte anche l’amico con la mamma americana Eugenio Finardi, Lucio Fabbri, che diventerà il futuro violinista della Premiata Forneria Marconi e Ricky Belloni, che poi finirà nei New Trolls. “Con l’amico Eugenio Finardi – racconta l’autore di Tanz bambolina – ci trovavamo a leggere la rivista americana Rolling Stones, ascoltavamo la stessa musica. Lui era biondo, bellissimo, riusciva sempre con le ragazze. Io invece ero mingherlino, non piacevo quanto lui. Lui e Colombo han fatto di tutto per farmi lascare Donatella (Bardi), che al tempo cantava nel nostro gruppo. Eravamo la tipica coppietta cattolica, gelosa. Eravamo fedeli e non facevamo l’amore selvaggio come i veri hippie”.

Quanto alla musica e alla moda del tempo, “negli anni ’70 era di moda vestirci da cowboy, coi pantaloni a zampa di elefante, gli zoccoli provenienti da Amsterdam, i capelli lunghi. Vigeva in noi la cultura americana di sinistra, che loro chiamavano ‘radicals’, i movimenti giovanili anti Vietnam e contro la leva obbligatoria”. Inizia seriamente con la musica con Claudio Rocchi. “Claudio si immedesimava in Allan Ginsberg, io adoravo Bobby Solo perché cantava come Elvis Presley. Era uno scandalo che si dipingesse gli occhi! Ma non era come Ivan Cattaneo, lui voleva farlo perché voleva imitare Elvis”.

Camerini racconta anche delle difficoltà con le case discografiche. “Ho avuto anche io il mio provino bocciato, anzi due. Quando Eugenio (Finardi) venne assunto alla Cramps e io no, non sapevo che fare, così provai con Nanni Ricordi e la sua Ultima spiaggia. Era la stessa casa discografica che aveva Enzo Jannacci, Ivan Cattaneo. Non mi prese nemmeno lui”.

Infine, ci riprova con l’etichetta Cramps. “Cantavo in tutte le feste, era il periodo della sinistra rivoluzionaria. Io facevo parte del movimento universitario, non ero in Lotta continua o Potere operaio. Eravamo tutti proletari, ma con la famiglia della media borghesia. Sta di fatto che alla fine degli anni ’70 ritorno alla Cramps con la chitarra acustica. Mi presero, forse gli facevo pena”, scherza Camerini.

E’ a questo punto che il cantautore apprende l’uso delle favole, siamo negli anni Ottanta e arriva in Italia la musica dettata da Lou Reed. “Prendevo una fiaba come quella di Cenerentola, cambiandone però i contenuti. Così la mia Cenerentola si sballava, stando attenta allo sballo di mezzanotte. Ero ispirato anche tanto da Giorgio Gaber, il suo modo infinito di raccontare storie a teatro, intervallandole con la musica”

Col tempo, l’icona di Arlecchino diventa il suo marchio di fabbrica, soprattutto con uno dei suoi brani di maggior successo: Rock’n’Roll Robot, presentata a Un disco per l’estate nel 1981. “Il fatto di dover essere nato in Brasile – conclude l’autore Camerini – mi ha fatto diventare forse più italiano degli italiani. MI sono innamorato della commedia dell’arte, e così ho scoperto anche l’amore per il mio Paese. Un Paese, l’Italia, che è proprio uno stivale, purtroppo: fuori è bellissimo, ma dentro puzza”.

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