
(immagine di repertorio)
Svolge perfettamente le sue mansioni. Assiste in qualità di ausiliaria le educatrici che si occupano dei bambini quando devono cambiarli, pulisce le aule. Ha un solo difetto. Avere un cromosoma in più. Per colpa della sindrome di Down una donna di 37 anni è stata discriminata.
Una mamma, venuta a sapere che nella struttura che ospita la figlia lavora una persona affetta dalla sindrome, ha deciso di togliere la sua bambina dal nido. A rendere nota la vicenda è la responsabile di un nido privato di Ferrara, che ospita piccoli fino a tre anni.
La madre aveva iniziato lunedì scorso il periodo di inserimento, durante il quale un genitore rimane per un’ora, un’ora e mezza accanto al figlio mentre prende confidenza con le educatrici. Il terzo giorno però non si è presentata, spiegando via telefono le ragioni dell’assenza: la referente non l’aveva avvertita che nel nido lavorava anche “quella lì” (questo l’epiteto riferito alla “Nuova”).
Eppure “quella lì” è una persona di 37 anni, adeguatamente formata, con una robusta esperienza alle spalle (otto anni in un’altra scuola della città e sei nel nido attuale, senza mai incorrere in problemi di sorta). Prima di entrare nel mondo del lavoro è stata seguita dal Cepim di Genova, il Centro Italiano Down onlus, che segue i propri assistiti fino all’inserimento definito nel mondo del lavoro attraverso progetti mirati, sia in strutture pubbliche che private.
L’ausiliaria, che non segue direttamente i piccoli ospiti ma è – come dice il nome della mansione – in ausilio delle tre educatrici, è venuta al corrente del ‘rifiuto’ e – riferisce sempre la referente – è sembrata risentita e ha preferito tornare a casa. Per lei non ci saranno problemi, dal momento che la responsabile ribadisce tutta la propria fiducia nella dipendente. La sua famiglia intanto sta valutando una eventuale causa per danni morali.
La notizia ha scosso anche l’assessore alla scuola del Comune, Annalisa Felletti, che premette che “non posso e non voglio entrare in una scelta privata operata dalla famiglia. Conosco però la direttrice dell’istituto e, alla luce di questa vicenda, ritengo che il suo operato sia un esempio estremamente positivo. La sua struttura si fa portavoce di un messaggio estremamente importante, di una imprenditorialità che sa dare spazio all’inserimento lavorativo di persone con difficoltà. Quel nido è un esempio da imitare assolutamente”. “C’è sempre più bisogno – conclude Felletti – di modelli di inclusione e di rispetto dell’altro, che aiutino contro il rischio di discriminazioni”.