Cronaca
25 Maggio 2015
Falciano (Upe): “Necessario aiutare le istituzioni per interventi tempestivi”

Pesca, volontari pronti a garantire la sicurezza dei canali

di Redazione | 4 min

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(foto di Marco Falciano)

di Francesco Altavilla

Oltre 4mila chilometri di canali, precisamente 4153, stando al “Piano di tutela delle acque della Provincia di Ferrara”. Un bacino idrografico estremamente vasto, il più grande della regione Emilia Romagna, cui va aggiunto il tratto costiero di acque salate.

Un enorme reticolato di canali, ex cave, tratti fiume sottoposti però a condizioni estreme di sfruttamento incontrollato della fauna ittica, con grave danno della biodiversità presente nei canali. Principali imputati di questo impoverimento sono da un lato lo sversamento di materiali inquinanti e dall’altro la scarsa lungimiranza delle associazioni di pesca “più interessate al profitto che non alla tutela ambientale e del territorio” ci fa sapere Marco Falciano, portavoce per il territorio cittadino di Upe, unione pescatori estensi. A queste piaghe se ne aggiunge una più recente, il bracconaggio, attività criminosa contro la quale anche in sede regionale “si sta muovendo qualcosa, almeno ce lo auguriamo” aggiunge Falciano.

Upe, raggruppa solo pescatori ricreativi, cioè non professionali, di tutta la provincia, ha tra i suoi obbiettivi quello di coadiuvare le istituzioni nella tutela del territorio, delle acque interne più in particolare. A questa vocazione ambientalista si connette la volontà di riallargare la platea dei pescatori “della domenica” che “sono sempre più disincentivati ad andare a pescare, per la carenza di pesce e per le condizioni dei canali, sempre più spesso soggetti a sversamenti di materiale inquinante o a morie di pesce” ci informa Nicola Boldrini, membro di Upe e residente a Ferrara. “Insieme a Legambiente abbiamo steso un documento in cui denunciamo le situazioni di grave degrado ambientale in alcuni canali della provincia, non è nostra intenzione puntare il dito contro le istituzioni – precisa Falciano – ma alla luce della difficoltà nel gestire un bacino tanto vasto, riteniamo necessario rafforzare il collegamento tra Università, Arpa, Consorzio di Bonifica ed Hera, includendo nei programmi di tutela e controllo dei canali anche le associazioni ambientaliste e di pesca sportiva, interessate in prima persona alla salvaguardia del territorio”. Nelle intenzioni degli associati Upe, c’è infatti la volontà di costituirsi guardie ittiche volontarie, a seguito di un corso di formazione tenuto dai tecnici della provincia. “In situazioni quali il bracconaggio e lo sversamento di materiali inquinanti nei canali la tempestività è essenziale – precisa Nicola Boldrini – così come è fondamentale la presenza di qualcuno sul territorio per denunciare fenomeni di pesca di frodo effettuata spesso con metodi illegali che danneggiano l’equilibrio ambientale già precario dei canali”.

Per quanto riguarda il territorio è difficile stabilire quanti siano i pescatori di mestiere e quanti siano i pescatori cosiddetti “ricreativi”. I primi perché hanno un licenza, ottenibile tramite il pagamento di una tassa alla provincia, detta di tipo A, che è la stessa dei mitilicoltori, degli allevatori di molluschi e dei pescatori d’acqua salata e che consente ai titolari della licenza di pescare più o meno ovunque sul territorio nazionale. I dati della provincia, per il 2014, si attestano sulle 39 licenze A rilasciate, un dato che però non è indicativo rispetto ai pescatori professionisti in acque interne.

Per i pescatori di tipo “ricreativo”, ossia di tipo B, la licenza viene rilasciata dietro il pagamento di un bollettino annuale agli uffici della regione Emilia Romagna. Da alcuni anni a questa parte è il bollettino stesso a contare come licenza, senza che venga rilasciato alcun documento, rendendo difficile stabilire quanti pescatori non professionisti siano presenti sul territorio.

“Al momento sono al vaglio alcune proposte per regolamentare diversamente il rilascio delle licenze di tipo A. Mentre uno degli obbiettivi della nostra associazione è quello di estendere la pratica della pesca ricreativa, aumentando il numero di licenze B, migliorando anche le condizioni ambientali dei canali in cui pescare” aggiunge Falciano.

“Per far si che i nostri canali, un tempo ricchi di pesce, tornino ad essere popolati e puliti, le immissioni di altro pesce non sarebbero sufficienti, servirebbe invece un’oculata gestione del bacino, magari affidandone dei tratti in gestione alle associazioni di pescatori sportivi, come Upe, affinché ne garantiscano la sicurezza dal bracconaggio e la tutela del patrimonio ambientale” conclude Marco Falciano.

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