A quasi 14 anni di distanza dallo storico default non si è ancora placata la bufera sui bond argentini. Titoli-spazzatura venduti a migliaia in tutto il mondo che, oltre a continuare a perseguitare la nazione sudamericana (precipitata l’estate scorsa in un nuovo ‘default tecnico’ a causa dei vecchi debiti con due fondi di investimento Usa), continua a tenere banco incessantemente nei tribunali italiani. Il ritornello è costante: ex clienti di banche che fanno causa ai propri broker di fiducia per le scelte sul loro portafoglio investimenti. Ma questa volta a finire nel mirino della magistratura non è un semplice impiegato bancario, ma addirittura Giuseppe Accorsi, presidente del cda di Banca Centroemilia-Credito Cooperativo.
Il dirigente dell’istituto di credito risulta infatti indagato per il reato di uso di documenti falsi, utilizzati – secondo la procura di Ferrara – nel corso di un processo civile per sostenere la consapevolezza di un cliente di una filiale dell’alto ferrarese di fronte agli investimenti consigliati dalla banca alla fine degli anni ’90. Cliente che perse la maggior parte dei propri risparmi utilizzati per l’acquisto dei bond argentini, e che per questo citò la banca come responsabile per il proprio danno patrimoniale.

Giuseppe Accorsi
E fu proprio nel corso del successivo processo civile che Accorsi, secondo la magistratura, si macchiò anche di reati penali. Producendo un documento in cui sosteneva che il cliente di Credito Cooperativo aveva avuto modo di scegliere tra strumenti finanziari più o meno speculativi e aveva consapevolmente selezionato titoli ad alto rischio di investimento. Un documento poi giudicato falso dalla magistratura ferrarese, che ha dato il via all’indagine su Accorsi e su un’impiegata della filiale a cui si rivolse l’ex cliente, sospettata di falsa testimonianza durante il procedimento civile.
Dopo l’udienza preliminare di ieri mattina la dipendente della banca dovrà ricomparire davanti al gup il prossimo giugno, mentre gli atti relativi ad Accorsi sono stati rimandati in procura perchè venga disposta la citazione diretta a giudizio.
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