16 Dicembre 2014
Nuova tecnica chirurgica mini-invasiva per salvare gran parte dell'organo

Tumore al polmone, a Ferrara intervento chirurgico primo in Italia

di Elisa Fornasini | 3 min

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intervento1Chi soffre di tumore al polmone, anche se non tutti i malati sono candidati ideali per questa tecnica perché il paziente deve avere determinati requisiti da studiare a fondo, può tirare un sospiro di sollievo perché è stata ‘inaugurata’ una nuova tecnica chirurgica all’avanguardia che comporta meno dolore, tre piccoli tagli di cui il maggiore di 5 centimetri (e non più un’apertura di 30 cm), tempi di ricovero più brevi (non più 6 ma 3 giorni di degenza), minori rischi e meno complicanze. Il primo intervento chirurgico in Italia per la rimozione di un carcinoma polmonare e il successivo ricongiungimento delle parti sane, il tutto in toracoscopia, è stato eseguito lo scorso 29 ottobre all’ospedale Sant’Anna di Cona dall’équipe guidata da Giorgio Cavallesco, direttore del Reparto di Chirurgia Generale e Toracica dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Ferrara. Eliminare la parte malata in toracoscopia è un tipo di intervento che già viene eseguito ma Cavallesco – accompagnato da un team di professionisti altamente qualificati – è andato oltre: dopo aver eliminato la parte lesionata ha ricongiunto le due parti sane dell’albero bronchiale preservando gran parte dell’organo. L’intervento lungo 7 ore, tutto in torascopia, è stato svolto inserendo una minuscola telecamera nel torace del paziente che consente di vedere il campo di lavoro (tecnicamente viene definito una sleeve lobectomy toracoscopica).

O“È stato un intervento complesso – spiega Cavallesco – a causa della posizione del carcinoma che nella paziente, colpita da tumore al polmone a sede endobronchiale, era in un punto molto fragile dell’organo. Nonostante le difficoltà tecniche, comunque a rischio zero per la paziente, siamo riusciti a portare a compimento il delicato intervento grazie alla piena collaborazione di tutte le persone presenti in sala operatoria perché ogni figura professionale ha avuto un ruolo fondamentale nella buona riuscita di quest’operazione”. Il team era composto dai dottori Maniscalco e Garelli come aiuto chirurghi, dagli anestesisti Ragazzi, Paolazzi, Zani e Amadori, dagli infermieri alla strumentazione Cavicchi e Fiorindo, dagli infermieri all’anestesia Della Valle e Zerbo. Inoltre un ruolo rilevante è stato svolto dai dottori Pasquini e Ravenna, broncoscopisti, nella fase intra e post operatoria.

L’affiatamento dell’équipe, l’assistenza di altissimo livello e le mani esperte del chirurgo, che ha avuto modo di studiare la tecnica durante i suoi viaggi di aggiornamento negli Stati Uniti, hanno permesso di vincere questa sfida. “Anche con la tradizionale modalità ‘in aperto’, vale a dire un taglio di quasi 30 cm – sottolinea Cavallesco – gli spazi per muoversi con i ferri chirurgici sono davvero ridotti per questo tipo di interventi. Questo per far capire quanto è stato difficile muoversi in toracoscopia, tecnica che inevitabilmente riduce gli spazi di manovra, la visibilità e la possibilità di toccare l’organo”. Durante il delicato intervento, la parte di polmone malata è stata eliminata e le due parti sane sono state letteralmente ricongiunte, una sorta di auto trapianto volto alla conservazione delle funzionalità dell’organo. In passato venivano eliminati quasi 2/3 di polmone mentre alla donna, dopo sette ore di intervento, è stato rimosso solo 1/3, vale a dire la parte lesionata dal carcinoma.

“L’intervento è stato eseguito con una metodica mini-invasiva che non ha avuto precedenti in Italia – si congratula il direttore generale Gabriele Rinaldi – che dimostra il valore aggiunto della nostra Azienda Ospedaliero Universitaria. L’auspicio è che l’eccezionalità di questa operazione possa diventare un fatto abituale al Sant’Anna, rendendo l’ospedale un punto di riferimento non solo regionale ma nazionale per la chirurgia toracoscopica: oltre alla chirurgia toracica, infatti, altre branche si stanno aprendo a questo tipo di tecniche video che ammortizzano il costo elevato dell’operazione con minor giorni di degenza e soprattutto con una miglior qualità di vita del paziente”.

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