“Palazzo Schifanoia è il regno della bellezza, e io sento di aver creato un luogo importante, non solo per me, ma anche per la comunità e l’umanità”. Simone Bavia, gestore finora della Caffetteria Schifanoia, pubblica su YouTube un video in cui difende con passione la propria decisione di chiudere per protesta contro l’amministrazione comunale.
Lo fa ripercorrendo la storia del giardino, la situazione prima del suo arrivo e spiegando quel che ha voluto imprimerci dentro. “Nel 1997 intrapresi questa avventura per bonificare e ristruttura il giardino e il locale, cercando di costruire un ambientazione molto particolare – afferma in apertura -. Quando lo presi il locale era una casetta abbandonata, adibita a pollaio e a magazzino, c’era l’erba alta, senza un disegno armonioso del giardino”. Lui ha cercato di “mettere creatività e ingegno, dando forza a quello che c’era già, come il ciliegio giapponese e altri alberi importanti. Ho continuato a gestire questa cosa con buon senso, evitando l’incuria spesso presente in luoghi istituzionali, comunali e statali, e ho continuato a farlo per diversi anni. Perché – spiega – un turista che entra dentro Palazzo Schifanoia e dentro il giardino si deve rendere conto che Ferrara è una città pulita e civile e l’ho fatto per 17 anni”.
“All’epoca – ricorda – questa era una caffetteria e bookshop, perché mi rendevo conto che era importante dare un servizio culturale e artistico legato alla città. Nel corso degli anni scorporai l’affito, per 9 anni non pagandolo al Comune e dopo mi trovai di nuovo a pagare affitto con il mutuo e senza bookshop perché il Comune si rese conto del business e mi tolse il 60% delle entrate, non garantendomi più le aperture serali. Mi infossai in una situazione molto difficile fino al terremoto – prosegue Bavia -. Per il palazzo ci fu una chiusura per quasi un anno e la mia fu l’unica attività chiusa per circa 11 mesi. Con la riapertura mandai un’istanza chiedendo una riduzione dell’affitto, loro gettarono tutte le mie richieste e mi chiesero 15mila euro da pagare in 15 giorni, comprese l’affitto per il terremoto che mi era stato esentato. Da lì iniziò una serie di incontri che non portarono niente di buono se non lo sconto del 20% dell’affitto che non è sufficiente per gestire questa situazione e questa realtà”.
Si arriva così alla decisione di chiudere. “Attualmente – spiega – il locale è chiuso e ho preso questa decisione con molta fatica e coraggio, legata all’impossibilità di andare avanti. Con le spalle al muro ho sentito che dovevo chiudere perché mi sarei infossato in una situazione molto pericolosa. A quel punto iniziarono ad arrivare commenti di solidarietà su Facebbok, il gruppo “Salviamo la caffetteria” con 700 membri, solleciti alle istituzioni per proteggere questo luogo e questa gestione perché si sono resi conto che è un luogo unico, originale e autentico”.
Qui Bavia diventa quasi filosofico, parlando di bellezza oggettiva, anima, meccanicità. “Mi rendo conto dell’omologazione dei negozi, dei locali e delle città che perdono vita e perdono il significato di bellezza. Riconosco il fatto oggettivo della bellezza italiana nel riconoscimento mondiale che abbiamo del 60% del nostro patrimonio, dell’importanza del Rinascimento e del Medioevo e – prosegue – mi sono reso conto da sempre dell’importanza di Palazzo Schifanoia e di come creare un luogo dove schivare la noia potesse essere un gesto quotidiano. Quello che ho voluto fare è stato creare un luogo per l’anima, dove poter abbandonarsi alla propria intimità. Da lì è sopraggiunta l’idea di rompere la meccanicità dopo aver letto Gurdjieff”. Questa rottura, racconta Bavia, “è avvenuta con la mia creatività: oltre ad aver allestito il posto coi miei lavori pittorici e scultorei, ho rotto gli schemi seriali che spesso si verificano nei musei. Questo ha portato il passaparola al cittadino, ai turisti. Ho incontrato tante persone impertanti, attori, scrittori, artisti e giornalisti”.
Per questo, aver aperto il giardino, è stato un gesto che Biavia non afferma di aver fatto non solo per se stesso “ma anche per la comunità e l’umanità, perché era necessario farlo, perché l’amministrazione all’epoca non faceva niente e mi dissero che avrei dovuto anticipare i soldi che non avevo. Ora sono costretto a chiudere – afferma – perché l’amministrazione non vuole capire che c’è un problema di gestione, di un affitto troppo alto, l’incapacità di andare avanti, diversi problemi come l’eternit nel giardino, i bagni che mancano anche per i disabili”.
“Palazzo Schifanoia è il regno della bellezza – dice Bavia – e io sento di aver creato un luogo importante, non solo per me, ma per la comunità.Ho voluto dare simbiosi tra antico e nuovo, in armonia con la natura. Riconosco che nella vita ci sono gli sbagli – conclude – e quello che voglio fare adesso non è vendetta ma solo giustizia e verità: nessuno finora ha rappresentato questa mia storia in modo così chiaro e tutti all’interno dell’ amministrazione lo sanno. Vedremo strada facendo, con il gruppo che si è messo in moto e altre persone, sperando che accada qualcosa di importante”.
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