
Lara Comi a Servizio Pubblico
Dopo le ‘sparate’ televisive, le accuse, le querele e l’avvio della vicenda giudiziaria, i due litiganti potrebbero finalmente incontrarsi faccia a faccia nel tribunale di Ferrara, ognuno per spiegare ai giudici la propria versione dei fatti. Continua infatti la battaglia legale tra l’ex sindaco Roberto Soffritti e la giovane eurodeputata di Forza Italia Lara Comi, imputata per diffamazione per le pesanti dichiarazioni che fece, nella foga di un’accesa campagna elettorale, sul ‘Barone Rosso’ di Ferrara. Affermazioni con cui la Comi puntava a demolire la credibilità dell’avversario, all’epoca (siamo nel gennaio 2013) candidato al parlamento con la lista Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia, ma con le quali ha raccolto soltanto la denuncia da parte dell’ex sindaco.
“Persona poco limpida”, “con un background di tipo mafioso”, “che ha fatto fallire la Coopcostruttori”, “imputato per questi fatti” e “condannato”: queste le affermazioni su Soffritti che la Comi pronunciò nel salotto televisivo di Servizio Pubblico di fronte a Michele Santoro. Affermazioni molto pesanti se si guarda al reale passato dell’ex sindaco ferrarese che – a prescindere dai giudizi politici sul suo operato – non è mai stato coinvolto nella vicenda del crac Coopcostruttori, né tanto meno è stato imputato o condannato. Una questione su cui il tribunale ha voluto avere la conferma ufficiale, chiamando a testimoniare un maresciallo dei carabinieri incaricato di effettuare tutte le verifiche del caso sul background giudiziario di Soffritti.
L’esito è stato quello che molti ferraresi – forse più informati della Comi – potevano immaginare: l’ex sindaco è risultato totalmente estraneo alla vicenda Coopcostruttori. Ora la palla passa ai due ‘litiganti’: la parte lesa (Soffritti) e l’imputata (Comi). Quest’ultima in particolare potrà chiarire il senso delle sue affermazioni, anche se il suo atteggiamento nei confronti del processo fino a questo momento è stato quantomeno sfuggente. L’eurodeputata ha infatti cercato a lungo di far valere la propria carica politica, cercando di scampare preventivamente dal processo in virtù della sua (presunta) libertà di espressione politica. Una posizione che trovò il supporto della collega eurodeputata dei verdi Eva Lichtenberger, che aveva parlato del “principio sotteso all’immunità parlamentare è la libertà dei membri di discutere su materie di interesse pubblico senza essere obbligati a modellare le loro opinioni in modo da renderle accettabili o inoffensive per chi le ascolta, senza temere, in caso contrario, di essere citato in giudizio”. Una posizione rigettata dal giudice Amore del tribunale di Ferrara, secondo cui il parere del Parlamento Europeo non vincola un giudice nazionale nell’applicazione del codice penale.