Sport
13 Ottobre 2014
Il pugile peso Welter allievo di Massimiliano Duran si racconta

Alessandro Caccia: la passione oltre il K.o.

di Redazione | 4 min

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(foto dal profilo facebook dell'atleta)

(foto dal profilo facebook dell’atleta)

Tredici anni tra le corde per Alessandro Caccia: la metà dei suoi anni. “Pugile interessante”, dicono di lui, nato poco più di un quarto di secolo fa, ferrarese, si allena a “casa Duran”: Massimiliano il suo terzo maestro e a vedere il peso welter boxare, il marchio di casa Caneparo si vede tutto. Tecnica deliziosa, la difesa innanzi tutto: “nel pugilato non puoi prenderne troppe – precisa Alessandro – incassare un colpo fa tremare le gambe, è una disciplina in cui non puoi sbagliare, in qualsiasi altro sport se sbagli un colpo c’è quello dopo per rimediare. Nel pugilato se sbagli un colpo o una difesa vai K.o.”. E, a proposito di K.o… Tredicesimo incontro da professionista un paio di settimane fa a Viterbo e prima sconfitta… “superstizioso? – sorride Alessandro, con quel volto senza cicatrici, con espressione da ragazzo della porta accanto – no, nella vita ci sta di perdere, di cadere, ci si deve poi rialzare con calma. Quando si inciampa si deve ricominciare da capo ogni volta. Alcuni hanno parlato di ‘fine carriera’, non scherziamo, Valentino non ha mai smesso di correre dopo una caduta in moto”.

E’ quello che è successo a Caccia a Viterbo, seconda ripresa di un match utile per salire in ranking, “non era un combattimento per un titolo, la sconfitta poi mi è costata solo un gradino in meno in classifica”, seconda ripresa, un colpo ben assestato e Alessandro va a tappeto e non si rialza più: “Non ricordo nulla tra l’altro, – racconta – ricordo solo che ho sentito questo colpo e poi mi sono risvegliato con tutti attorno, non capivo perché il match fosse stato interrotto. Erano passati un paio di minuti da quel colpo, non mi ero nemmeno reso conto di essere andato K.o. Rivedendo il filmato ho notato che ho anche cercato di alzarmi, fatto che assolutamente non ricordo”. Due minuti di buio totale, ma ora Alessandro sta bene e vuole continuare il suo percorso verso un titolo… italiano?

“Non so ancora, può darsi, o un italiano o un mondiale con sigle minori. Di certo non ho intenzione di fermarmi. Io sto bene, la sconfitta fa parte del gioco, quello con i guantoni e quello della vita”.

Quindi the show must go on e avanti con la carriera da professionista, ma da dove nasce tutto questo amore per il pugilato?

“E’ un amore radicato nel tempo, cominciato per caso, o per destino. Da piccolo praticavo Karaté, ricevetti anche diversi riconoscimenti, poi chiusero la palestra, mi trovai senza sport. Provai con il calcio, ma non era davvero il mio sport. Ero iper cinetico e mi sentivo demoralizzato in quel periodo, non riuscivo a trovare nulla in cui far confluire tutte le mie energie e nulla che appagasse tutte le mie curiosità ed i miei interessi. Un giorno, facendo zapping, mentre per l’ennesima volta raccontavo a mia madre di questo mio disagio, vidi Mohammed Dalì combattere: fu una folgorazione. Mi uscì subito un ‘Mamma, papà, io voglio fare il pugile!’ e così è stato”.

E papà e mamma che hanno detto?

“Mio padre avrebbe voluto fare il pugile, – sorride – poi non ha potuto farlo: doveva lavorare per mandare avanti la casa e la famiglia, quindi dovette rinunciare, sebbene mi abbia sempre cresciuto educandomi all’allenamento. Papà mi faceva fare tanti esercizi, mi faceva mangiare il pane duro per rafforzare le mascelle. Sono cresciuto con un’educazione rigida, volta al sacrificio, sarà per le nostre origini nobiliari, – sorride Alessandro – c’è il concetto di essere sempre fieri e gloriosi in tutto ciò che si fa. I miei genitori hanno quindi sempre appoggiato la mia passione per la Noble Art”.

Una passione che prosegue nonostante tutto, nonostante tutti i problemi di oggi nel mondo della boxe?

“Il pugilato attraversa un momento difficile, si sta cercando di rilanciarlo, ma non è semplice. Il mondo è cambiato, di conseguenza anche il mondo sportivo. Nella boxe è sempre più difficile allenarsi e organizzare incontri, il pugilato andrebbe visto e seguito. Il nuovo palinsesto di Italia Uno che trasmette il venerdì incontri in seconda serata è un ottima possibilità di rilancio. Io mi ritengo comunque fortunato, grazie al mio procuratore giro molto per allenarmi, in questi sei anni da professionista ho fatto tanto, ma tanto c’è ancora da fare”.

Quindi avanti senza paura, nonostante il K.o.?

“Certamente. Io dico sempre che per saltare un burrone bisogna prendere tanta rincorsa: a volte capita di prenderne troppo poca, anche se non ci sembra, ce ne accorgiamo solo quando siamo in volo e ci rendiamo conto che non riusciamo a raggiungere l’altro capo del crepaccio. E’ lì che ci accorgiamo che non ne avevamo presa abbastanza e che bisogna prenderne di più. Quindi ci si deve allenare ancora, ricominciare da capo, passo dopo passo, per essere pronti a saltare di nuovo, magari con più potenza nelle gambe e più consapevolezza nella testa”.

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