Faccio il sovversivo 2.0
4 Ottobre 2014

Marzabotto 70 anni dopo

di Faccio | 3 min

Marzabotto 70 anni dopo… Non mi fanno incazzare, provo veramente tanta compassione per tutti quei ragazzi che fanno il saluto romano; alcuni dicono che lo fanno per scherzo, altri invece ci credono veramente.
Tante volte mi sono chiesto il perché, penso sia una forma di protesta nei confronti di una società o di un territorio che non fa e non é quello che vorrebbero loro, da qui lo sfogo più estremo (secondo loro): alzare il braccio.

Dovevamo vigilare e non ridere insieme a loro, dovevamo fargli capire fin da subito che era sbagliato anche solo il pensiero di riconoscersi in quegli assassini.

Assassini sí, perché la strage di Marzabotto è stato un vero e proprio massacro, durato per una settimana: non è la sola Marzabotto ad essere stata colpita, ma tantissime frazioni, paesini, casolari isolati.

Sono stato nei luoghi dell’eccidio. Arrivare fin lassù è faticoso, 70 anni fa le strade non erano asfaltate. Questo mi fa pensare che quei maledetti assassini nazisti con l’aiuto dei fascisti si sono impegnati veramente tanto per uccidere donne vecchi e bambini. Andavano nelle case, nelle pievi di campagna in cui cercavano rifugio, poi li assassinavano. Sacerdoti morti sugli altari, anziani infermi morti sulle loro sedie, neonati morti in braccio alle madri. Per i più piccoli era necessaria una doppia attenzione, perché le tenere carni non trattengono il proiettile che quindi rischia di rimbalzare e divenire pericoloso: meglio, più sicuro, gettarli in aria e sparare in su, per evitare pericolosi rimbalzi balistici.

Il pensiero che ho per quei bambini è che l’ultima cosa che i loro piccoli occhi hanno visto sia stato lo sguardo terrorizzato delle loro madri ed il saluto romano; questo pensiero mi strazia la mente e vedere tanti giovani che fanno quel gesto senza nemmeno conoscere un po’ di storia, mi devasta.

Quest’anno sarò a Marzabotto con la bandiera rossa, perché per la maggior parte di quei morti era la bandiera della speranza, quella in cui si riconoscevano, ancor più che nel tricolore che in quel momento era identificato come simbolo del regime fascista.

Albert Kesselring aveva dato l’ordine di fare tutto ciò, quest’uomo era il comandante delle forze armate di occupazione in Italia. Dopo la guerra fu condannato a morte, ma nel 1952 per le sue condizioni di salute fu messo in libertà e accolto come un eroe in patria.

Pochi giorni dopo il suo rientro Kesselring disse che tutti gli Italiani avrebbero dovuto ringraziarlo per quello che aveva fatto nel nostro paese, tanto che secondo lui avremmo dovuto fargli un monumento per ricordare quei “bei”momenti.

Pochi giorni dopo gli rispose Piero Calamandrei, padre Costituente con una famosissima epigrafe:

Lo avrai

camerata Kesselring

il monumento che pretendi da noi italiani

ma con che pietra si costruirà

a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati

dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio

non colla terra dei cimiteri

dove i nostri compagni giovinetti

riposano in serenità

non colla neve inviolata delle montagne

che per due inverni ti sfidarono

non colla primavera di queste valli

che ti videro fuggire.

Ma soltanto col silenzio del torturati

più duro d’ogni macigno

soltanto con la roccia di questo patto

giurato fra uomini liberi

che volontari si adunarono

per dignità e non per odio

decisi a riscattare

la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare

ai nostri posti ci ritroverai

morti e vivi collo stesso impegno

popolo serrato intorno al monumento

che si chiama

ora e sempre

RESISTENZA

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