
(foto di archivio)
Dopo il tribunale di Ferrara, la Corte d’Appello di Bologna, la Cassazione, il tribunale di sorveglianza, la commissione disciplinare, ora un altro giudice – quello amministrativo – potrebbe essere chiamato a pronunciarsi sul caso Aldrovandi. Non esattamente in merito alla vicenda penale, bensì a quella comportamentale degli agenti in situazioni definite critiche come quella di via Ippodromo.
Lo anticipa a margine dell’udienza che ieri doveva trattare la misura cautelare del sequestro conservativo dei beni dei quattro agenti condannati l’avvocato Marco Zincani del foro di Bologna, che assieme a Matteo Di Tonno e Claudio Di Tonno assiste Paolo Forlani, Enzo Pontani e Luca Pollastri (Monica Segatto è difesa dall’avvocato Eugenio Pini).
L’avvocato, in questo caso in rappresentanza del sindacato del Sap, sta preparando “una richiesta di chiarimenti da sottoporre al Tar”. Una richiesta che, accompagnata dalla pronuncia del tribunale amministrativo, secondo Zincani “potrebbe cambiare la storia della vicenda scritta fino ad oggi”.
Il giurista non vuole contestare la legittimità delle sentenze penali, bensì guardare il caso da un altro punto di vista, “utile, anzi fondamentale alla società”. “Ai quattro agenti – spiega -, nel caso di fronte alla Corte dei Conti che chiede loro il risarcimento del milione e 800mila euro pagato alla famiglia, viene contestata la colpa grave. Quindi si sostiene che abbiano agito in difformità da uno standard che avrebbero dovuto conoscere e seguire.
Eppure nessuno ha mai spiegato come si sarebbero dovuti comportare in fase di ammanettamento (rilievo simile venne avanzato in sede di ricorso in Cassazione dall’avvocato Gabriele Bordoni, difensore di Paolo Forlani, ndr)”.
Quello che vuole dimostrare Zincani è che è il modello operativo che non funziona, che “è pericoloso, visto i tanti casi finiti tragicamente”. Ecco perché, nelle intenzioni dell’avvocato “il Tar potrebbe inoltrare la richiesta di chiarimento al ministero dell’Interno e la risposta potrebbe far diventare il caso Aldrovandi non più un esempio di cattiva gestione di un controllo del territorio, ma andare oltre. Sarebbe il punto di partenza per arrivare a chiedersi se una tragedia come quella di Federico può ricapitare di nuovo perché c’è un modello di intervento (quello del contenimento e ammanetta mento a terra prono) che non funziona”.
“Come cittadino – prosegue Zincani – io vorrei essere sicuro che i poliziotti sappiano come agire in caso di interventi problematici. Quella tecnica è pericolosa di per sé. Ma è anche la tecnica alla quale vengono addestrati. Ne vorrei venire a capo per il bene comune, non per i quattro agenti, ormai massacrati da ogni punto di vista”.
Tornando invece al caso sottoposto alla Corte dei Conti, l’udienza di merito sul risarcimento si terrà il 27 gennaio 2015. La prossima settimana il procuratore si pronuncerà invece sulla necessità o meno del sequestro dei beni e di un quinto dello stipendio. Su questo aspetto “ho contestato il fumus delle contestazioni mosse – prosegue Zincani – sul presupposto che la transazione è stata fatta senza un atto di citazione, né in sede civile né in sede penale, verso i poliziotti. Il risarcimento insomma è stato una decisione spontanea del ministero, una decisione di opportunità, fatta senza interpellare i diretti interessati, che ora si trovano a essere chiamati a risarcire un quantum sul quale non hanno potuto esprimersi”.
Per l’avvocato infine “il pagamento tra l’altro è spropositato rispetto a quanto proposto a suo tempo dall’Avvocatura dello Stato – questa una novità -, che si era limitata a stimare in circa un milione di euro il quantum del risarcimento”.