Cronaca
11 Maggio 2014
La recensione e presentazione di Daniele Seragnoli al volume “Il posto delle fragole”

Utef ricorda l’artista Carlo Gajani

di Redazione | 4 min

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Carlo Gajani, autoritratto

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Martedì 13 maggio alle 16 nell’aula magna del dipartimento di Giurisprudenza di Unife, in occasione della cerimonia di chiusura dell’anno accademico 2013/2014 dell’Università per l’Educazione Permanente di Ferrara (Utef), si terrà la presentazione del volume di Carlo Gajani “Il posto delle fragole”, a cura di Angela Zanotti Gajani (ZeL Edizioni, 2013, Treviso). L’iniziativa è organizzata da Utef, dal Centro Teatro Universitario di Ferrara e dalla Fondazione Carlo Gajani.

L’evento sarà introdotto dal direttore del Centro Teatro Universitario dell’ateneo Daniele Seragnoli e dalla curatrice Angela Zanotti, già docente del dipartimento di Studi umanistici di Unife e compagna di vita di Carlo Gajani, con proiezione di immagini e letture dei testi a cura di Martina Cuono e Roberta Pira, allieve del Ctu, e brani eseguiti dal musicista Filippo Zattini del conservatorio di Ferrara.

“Un volume che incuriosisce fin dal titolo altamente evocativo – recita la recensione di Daniele Seragnoli al libro di Carlo Gajani – per via dell’eco di bergmaniana memoria: la ricerca di una particolare ‘posto delle fragole’ come itinerario verso il sé e il mondo esteriore, la nostalgia come ricchezza e consapevolezza dunque e non banale sinonimo di malinconia, gli affetti come valore primario dell’esistenza, il tempo, la bellezza, il cambiamento necessario, il viaggio, i colori, la natura, il paesaggio

Il volume, che raccoglie le fotografie e i testi di Carlo Gajani, diventa un libro ricco di immagini interiori e di poesia. “Partiva il mattino presto – ricorda nell’introduzione la moglie e curatrice Angela Zanotti Gajani – e tornava puntualissimo poco dopo il tramonto, soprattutto nei mesi freddi dell’autunno-inverno. Partiva senza una meta precisa, verso il delta del Po, con la sua inseparabile Nikon, con il solo intento di ‘perdersi’ nel paesaggio che si abbraccia camminando sugli argini o percorrendo l’intrico di strade e sentieri della grande campagna padana”.

Non solo un fotografo, Gajani, ma un artista a tutto tondo. Nato a Bazzano (BO) nel 1929 aveva studiato pianoforte prima di laurearsi in Medicina nel 1953, esercitando la professione medica per una quindicina di anni affiancandovi però la passione per le arti. Poi artista a tempo pieno, inizialmente soprattutto pittore e incisore, con importanti partecipazioni alla Biennale di Venezia nel 1964 e nel ’72, l’insegnamento all’Accademia di Belle Arti a Urbino e a Bologna fino al 1999. Ma anche un intellettuale attorno al quale si muoveva, soprattutto negli anni ’70, un mondo di scrittori e uomini di cultura che animavano non solo la città di Bologna e il Dams dell’epoca: Calvino, Arbasino, Pasolini, Scabia, Neri, Celati, Moravia, D’Agata, Eco. Ginzburg. Tutti volti che troviamo raffigurati grazie a una intuizione di Gajani e a un’apertura tutta nuova per l’Italia di quegli anni: l’interesse verso il ritratto dipinto a partire da una base fotografica. Infine, dagli anni ’80 il progressivo abbandono dei pennelli per dedicarsi a mezzi espressivi puramente fotografici, nel ritratto, nel paesaggio, nel nudo.

‘Il posto delle fragole’ fu, a partire dal 1987, il titolo della nuova rubrica della rivista ‘2000 Incontri’, mensile promosso dalla Regione Emilia Romagna nel 1976 e diretto da Renzo Renzi, che Gajani animò con le immagini e i testi ora raccolti in volume. Un’associazione di fotografie e parole che non solo si integrano a vicenda, ma che producono analogie, interrogativi, dubbi e riflessioni sul senso stesso della vita spesso, in un intreccio di realtà, arte, sogno. Fotogrammi e testi tra pianura padana e Appennino, in cui repentinamente appaiono – quasi trasfigurati dall’occhio dell’artista – un casolare, una figura umana, un argine, un filare di pioppi, una distesa erbosa che parlano e ci costringono a porci domande. Come per esempio il faro di Gorino che in Gajani evoca Cape Cod nel Massachussets, l’Oceano Atlantico, i padri pellegrini del ‘Mayflower’, il capitano Achab, Edward Hopper. ‘Fotografare il paesaggio – commenta l’artista in questo caso – significa viaggiare, trovarsi in luoghi certi con la propria persona, muoversi in territori incerti con la propria immaginazione’. O come ancora il pescatore solitario sulla sponda di un fiume percepito come parte integrante del paesaggio, come l’acqua e gli alberi.

Alla fine della sua lunga carriera artistica – con esposizioni in Italia, Francia, Regno Unito, Germania, Stati Uniti e Canada – Gajani è ritornato alla terra della sua infanzia, nell’Appennino tosco-emiliano, alla ricerca di vecchie dimore, campi e cieli fotografati in un rigoroso e drammatico bianco e nero: ‘… per amore – come scrisse – non per obbligo, alla ricerca non della bellezza ma del carattere di abitazioni e luoghi che raccontano la vita in tempi passati’. Là, nella casa dei suoi nonni, è morto nel 2009. Ci ha lasciato arte e spunti di riflessione, come la frase sotto il suo ritratto nella quarta di copertina: ‘…punto l’obiettivo guardandomi attorno con gioia e con sollievo, e tutto mi appare misurato e rassicurante come un luogo disegnato con grazia, dove è un privilegio vivere, dove è decoroso morire’”.

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