Crolla il castello di carta di Lance Armstrong, il campione di ciclismo texano risultato positivo ai controlli antidoping e che chiude una luminosa carriera con la più severa delle punizioni sportive: la revoca di tutti i suoi titoli vinti dal 1995 al 2011, compresi i sei Tour De France ottenuti dopo aver sconfitto un grave tumore ai testicoli che lo consegnarono per sempre (o almeno così credeva) all’Olimpo delle due ruote. Nella sua discesa negli inferi della giustizia sportiva e penale americana, Armstrong trascina con sé anche le persone (medici e preparatori atletici) che lo aiutarono a mettere in piedi un efficientissimo e ramificato sistema di produzione e somministrazione di sostanze dopanti. E il nome che compare in cima alla lista è ben conosciuto anche al mondo della giustizia sportiva italiana: il Dottor Mito, Michele Ferrari.
La deposizione di Armstrong è avvenuta il 12 novembre scorso, per rispondere alla querela depositata dalla società di assicurazioni Acceptance Insurance, che pretende la restituzione dall’ex campione di 3 milioni di dollari per le sue vittorie al Tour dal 1999 al 2001. I verbali della sua deposizione sono però stati resi noti solo ieri dal quotidiano Usa Today, che ha elencato tutti i nomi delle persone indicate da Armstrong come suoi complici. E nella versione presentata sotto giuramento agli inquirenti americani, il ‘Cowboy’ ha affermato che il ruolo di Ferrari era di primissimo piano: sarebbe stato lui a preparare in prima persona le sostanze dopanti che poi Armstrong si somministrava autonomamente. E insieme a Ferrari compaiono anche i nomi di diversi professionisti spagnoli: i medici Pedro Celaya e Luis Garcia Moral e il preparatore Pepe Matri, che seguì il texano ai tempi della sua avventura con il team Us Postal. Armstrong ha affermato di essersi dopato fino dal 1995, ma non dopo il suo ritorno alle gare nel 2009.
Difficile, considerato i diversi ordinamenti giuridici – ma non da escludere completamente -, che le confessioni di Armstrong nei tribunali americani possano condizionare anche il procedimento in corso in Italia su Ferrari. La procura di Padova ha aperto da tempo un fascicolo sul sistema di doping che vedrebbe a capo il medico (ora radiato) ferrarese. Il suo nome intanto è circolato negli ultimi mesi anche riguardo alla vicenda di Alex Schwazer, il marciatore iridato altoatesino trovato positivo dopo le Olimpiadi di Londra. Proprio su questi fatti, il giornalista di inchiesta Marco Bonarrigo pubblicò nel luglio scorso il libro dal titolo “Il dottor Mito”.
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