Da prima pietra a ultima pietra. Il monolite simbolo dell’inizio della costruzione dell’ospedale di Cona, consacrato nel 1990 da Papa Giovanni Paolo II, ha ricevuto questa mattina la sua nuova benedizione. Questa volta all’interno della sua ultima collocazione, l’area accoglienza del nosocomio a Cona. A cospargere con acqua santa la pietra è stato il vescovo di Ferrara e Comacchio, mons. Luigi Negri.
“Solo guardando contemporaneamente indietro e avanti – ha esordito facendo gli onori di casa il direttore generale dell’azienda ospedaliera Gabriele Rinaldi – possiamo costruire il futuro. Per me è una forte emozione essere qui oggi”. Per Rinaldi quella pietra rappresenta un memento per tutte le persone che quotidianamente lavorano con impegno all’interno dell’ospedale per ricordare loro il patto di aiuto che hanno verso i malati. “In genere i sindaci posano la prima, non l’ultima pietra”, scherza Tiziano Tagliani, che ricorda che “da qui sono già passati 50mila cittadini non solo di Ferrara”. Il sindaco di Ferrara vede nell’ospedale “un luogo di dolore e di lavoro, dove si incontrano due realtà fondamentali della vita dell’uomo. Ecco perché servono professionalità e capacità di relazioni umane e la città si deve saper riconoscere in questa struttura e nel suo ruolo fondante di luogo di sofferenza e a volte anche di morte”.
“È una pietra – avverte il vescovo – che deve diventare un cuore di carne, che ci porta alla memoria la grande personalità del beato Tavelli e al grande forza di Giovanni Paolo II. Questa benedizione è un gesto di memoria che apre coraggiosamente al futuro”.
Il dott. Rinaldi ha aperto l’evento spiegando che. “Oggi posiamo simbolicamente l’ultima pietra” aggiunge il sindaco di Ferrara – Tiziano Tagliani – che vuole sottolineare il senso di conclusione delle operazioni di trasloco e messa a regime della struttura, auspicando anche che questo ospedale possa essere un luogo nel quale la cittadinanza si riconosce. In conclusione monsignor Negri – prima di benedire la pietra – definisce questo momento “un gesto del presente, carico di memoria ma aperto verso il futuro”.
Il discorso di Rinaldi
La benedizione del vescovo
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