Cento. Il tribunale di Ferrara, il 21 gennaio del 2009, lo aveva condannato a 4 anni per violenza sessuale ai danni della ex convivente. Ora il giudizio della terza sezione della Corte d’Appello di Bologna dice invece che è innocente.
Ha dovuto attendere altri due anni un artigiano centese di 36 anni per vedere riconosciute le sue ragioni.
Secondo le accuse, ora cadute, la notte tra il 14 e il 15 luglio del 2006, lei salì in macchina con il suo ex. Credeva si trattasse di un semplice chiarimento e lui, invece, andò in escandescenza, fermò l’auto vicino a un chiosco, le fece sbattere la testa contro il parabrezza, le diede dei morsi e le strappò i vestiti di dosso per poi abusare di lei.
Prima che le conseguenze potessero diventare più gravi, la ragazza, che oggi ha 33 anni, riuscì ad uscire dalla porta e correre fuori dalla macchina urlando, praticamente nuda. Nel mentre si era fermata nelle vicinanze una pattuglia della guardia di finanza e furono proprio i finanzieri a soccorrerla vedendola così, con un mini abito arrotolato in cintura, gli slip strappati e il reggiseno in mano in pieno centro. Lei riferì tra le lacrime di essere stata violentata e malmenata da quell’uomo in auto. I periti del tribunale confermarono la compatibilità delle lesioni riportate dalla giovane, che in seguito alla vicenda è stata anche seguita da uno psicologo.
La donna, che presentava ecchimosi sul viso, venne portata all’ospedale, dove venne dimessa con 8 giorni di prognosi. Lui finì in manette per poi essere scarcerato. Durante la convalida dell’arresto il 36enne diede la sua versione dei fatti. Disse che tutto era nato dalla folle gelosia dell’ex, con la quale conviveva fino a un mese prima. Quella sera si erano incontrati di comune accordo ma lei, alla vista della nuova compagna del giovane che passava per strada, aveva dato in escandescenze e cercò di picchiarlo, stracciandosi anche i vestiti durante l’aggressione. Lui si difese fino a quando lei non uscì dall’auto e cadde col viso sull’asfalto, procurandosi le ferite al volto.
Al termine della discussione in Appello, il procuratore generale aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado. La Corte ha ritenuto invece le accuse infondate e lo ha assolto.
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