
A volte per raccogliere consensi bisogna riuscire ad affrontare anche i temi più impopolari. Potrebbe essere questo, in estrema sintesi, il senso dell’intervento di Pippo Civati alla festa del Pd di Pontelagoscuro, dove il candidato alla segreteria nazionale raccoglie gli applausi del pubblico pur senza rinunciare a toccare alcuni temi spesso “schivati” da chi si avvicina a un confronto elettorale.
Ecco quindi l’ex consigliere regionale della Lomvardia che, messo di fronte alle domande del pubblico di Pontelagoscuro e dei social network, spaziare dal rinnovamento del Pd alla necessità di mantenere una forma di finanziamento pubblico ai partiti, dalla centralità dei temi etici e ambientali a un’inaspettata difesa dell’ex ministro all’economia Tommaso Padoa Schioppa (“l’unico ministro a essersi davvero preoccupato del debito pubblico”). Il tutto condito da parecchie frecciate – o vere e proprie bordate – verso l’establishment del Pd.
Le critiche di Civati sono rivolte infatti, più che verso i suoi avversari per la segreteria, all’attuale dirigenza del partito: Epifani e Letta in primis. Il primo colpevole di aver rallentato i tempi del congresso, il secondo considerato troppo vicino agli alleati del Pdl. “Epifani è stato votato per portarci al congresso, ma poi ci ha messo un mese per nominare una segreteria di 14 persone, una per ogni singola corrente del Pd: una classificazione micidiale”. Per non parlare della questione delle regole: secondo Civati “sarebbero dovute essere le stesse di prima, per poi lasciare agli elettori la scelta se far coincidere segretario e candidato premier. Le regole andavano fatte quando non si conoscevano i candidati, ma hanno voluto aspettare per capire chi tra Renzi e Cuperlo doveva essere votato dalla maggioranza del Pd”.
Una frase detta quasi con tono bonario ma con cui Civati getta forti dubbi sulla “democraticità” del congresso. E subito dopo il candidato non risparmia neppure Enrico Letta, dopo averlo criticato anche per il suo intervento a Rimini al meeting di Comunione e Liberazione. “Perchè dobbiamo avere un premier che attacca chi non è d’accordo col governo? Io non mi auguro che l’esecutivo cada, ma la contemplo come possibilità”. Civati vede invece una strategia ben precisa nell’alleanza Pd-Pdl: “cercare di rinviare tutto, in modo che ci sia sempre più bisogno di stabilità e nessuno si voglia prendere la responsabilità di far cadere il governo. Ma sarà difficile contrastare l’evasione quando il tuo principale alleato è condannato per frode fiscale”.
E gli effetti negativi delle larghe intese sono elencati in più riprese da Civati durante la serata: dall’acquisto degli F-35 (“un caso incredibile, lo stesso Bersani in campagna elettorale disse che bisognava ripensarci”) all’abolizione dell’Imu sulla prima casa (“avevamo preso un impegno ben preciso: quello di non toglierla completamente e di abbassare le tasse sul lavoro”), fino ad arrivare alla rottura dell’alleanza con Sel (“con cui avevamo una carta di intenti e che ci ha fatto arrivare al premio di maggioranza”). Non mancano però anche i temi su cui Civati si schiera dalla parte dell’esecutivo, come sul finanziamento pubblico ai partiti: “Non è un caso che a chiederne l’abolizione siano Berlusconi e Grillo. Ma io sono d’accordo col governo quando dice che bisogna cambiarne le modalità: è vero che i partiti in questi anni ne hanno abusato, ma non si possono neanche togliere del tutto”. E anche il ministro all’ambiente Andrea Orlando trova l’appoggio del candidato brianzolo, che si dichiara “d’accordo col ministro quando dice di ridurre la consistenza dei rifiuti a monte. Perchè l’ambiente deve sempre essere un tema secondario, invece di diventare un capitolo strategico?”
Si comincia così a parlare di alcuni “cavalli di battaglia” del candidato alla segreteria: ambiente e diritti civili. Che non giudica “di intralcio” alle misure economiche, ma vede anzi come possibili motori per la ripresa. “Non dobbiamo credere a questa stronzata – si lascia (forse) scappare Civati – secondo cui i diritti sono contro la produttività“. Per poi scandire alcune delle proposte su cui si dovrebbe focalizzare il governo, come quella relativa al reddito minimo: “Quando Grillo in campagna elettorale – afferma Civati – proponeva mille euro al mese per tutti stava dicendo una cosa impossibile, la demagogia più scema del mondo. Ma l’idea di dare un reddito di inserimento al lavoro non è sbagliata, ed è applicata in tutti quei paesi europei a cui spesso ci ispiriamo e che sono riusciti a creare dei strumenti veri per la flessibilità”.
Ma più che parlare degli avversari Civati si sofferma spesso sul proprio partito, e gli applausi più sentiti sono proprio quando critica o sdogana i personaggi più noti del Pd. A differenza di Renzi però, il ricambio a cui punta Civati guarda molto poco all’età anagrafica, a giudicare dagli apprezzamenti per Romano Prodi e Stefano Rodotà. Un discorso diverso merita invece il presidente Napolitano: “Sbagliatissimo chiedergli di ricandidarsi, lo hanno fatto perchè è nello schema delle larghe intese”. Sui suoi avversari alla segreteria, Civati cita in poche occasioni Cuperlo, conscio del fatto che per il suo tipo di elettorato la sfida da vincere è con Renzi, “a cui sono vicino per la voglia di cambiare, ma non per quanto riguarda il posizionamento politico”.
E proprio quando parla dell’astro nascente fiorentino Civati non evita una frecciata al ministro ferrarese Dario Franceschini, recentemente “convertitosi” renziano: “Adesso nei meccanismo congressuali vedo alcune proposte che seguono un po’ il richiamo della foresta, e vedere Franceschini con Renzi è un po dura da mandar giù, lo dico anche se sono nella sua città”. Eppure anche i concittadini applaudono.
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