di Maria Paola Forlani
Con il Patrocinio della Regione Toscana, fino al 6 ottobre 2013 le sale del Castello Pasquini di Castiglioncello, ospitano la mostra “Mario Schifano 1960 – 1970” (Catalogo Skira).
L’iniziativa, promossa dal Comune di Rosignano Marittimo in collaborazione con la Fondazione Marconi, presenta un panorama significativo del primo periodo di attività di Mario Schifano, uno tra i più affermati artisti italiani del XX secolo.
Mario Schifano nacque nella Libia italiana, dove il padre, impiegato del ministero della Pubblica Istruzione era stato trasferito. Pochi anni dopo tornò a Roma.
Si avvicinò all’arte seguendo il padre che lavorava al museo etrusco di Villa Giulia.
Insieme ai “pittori maledetti” (Franco Angeli, Tano Festa, ecc.) rappresentò un punto fondamentale dell’arte contemporanea italiana ed europea; restano memorabili le sue esibizioni tra centinaia di allievi e appassionati con la creazione di dipinti di enormi dimensioni realizzati con smalti e acrilici. Moltissimi dei suoi lavori, i cosiddetti “monocromi”, presentano solamente uno o due colori, applicati su carta da imballaggio incollata su tela; l’influenza di Jasper Johns si manifestava nell’impiego di numeri o lettere isolate dell’alfabeto, ma nel modo di dipingere di Schifano possono essere rintracciate analogie con il lavoro di Robert Rauschemberg.
In un quadro del 1960 si legge la parola “no” dipinta con sgocciolature di colore in grandi lettere maiuscole, come in un graffito murale. Ancora oggi le opere realizzate negli anni sessanta restano di incredibile attualità. Tra le più importanti, vanno ricordate le serie dedicate ai marchi pubblicitari (Coca Cola ed Esso in primis) alle biciclette, ai fiori (omaggio ad Andy Warhol) e alla natura in genere (tra le serie più famose troviamo i “Paesaggi anemici”, le “Vedute interrotte”, “L’albero della vita”, “estinti” e i “Campi di grano”).
Appassionato studioso di nuove tecniche pittoriche, fu tra i primi ad usare il computer per creare opere, e riuscì ad elaborare immagini dal computer e riportarle su tele emulsionate (le “tele computerizzate”). Tra i primi a sperimentare innesti tra pittura e altre forme d’arte come musica, cinema, video, fotografia, l’ultimo periodo di produzione di Schifano è particolarmente segnato dai media e dalla multimedialità, interrotto soltanto da alcuni cicli più prettamente “pittorici”, in una fase di piena coscienza del proprio ruolo di artista-uomo del suo tempo. Vicino alla cultura pop e all’ambiente musicale beat, sulla falsariga di Andy Warhol che aveva scoperto e prodotto i Velvet Underground, collaborò con un complesso, Le Stelle di Mario Schifano, che incise un album alla fine del 1967, con copertina disegnata da lui stesso; inoltre disegnò copertine per altri gruppi italiani, come l’Equipe 84. Nel 1971 realizza un film documentario dal titolo Uomo non umano, il quale vanta la presenza di diverse figure di spicco tra cui Adriano Aprà, Carmelo Bene, Mick Jagger, Alberto Moravia, Sandro Penna, ecc…
Per affinità con le tendenze culturali di cui sopra (pop, beat, sperimentazione), entra negli anni ’80 in contatto con il gruppo di creativi (illustratori, scrittori, fumettisti, reporter) della rivista Frigidaire (Stefano Tamburini, Vincenzo Sparagna, Andrea Pazienza, ecc…), con la quale collabora ed alla quale dona varie opere nel momento del suo massimo successo.
Appassionato di ciclismo, ha disegnato per due volte la maglia rosa. Nel Museo d’arte moderna di Gibillina, in provincia di Trapani è conservato il “Ciclo della natura”, dieci grandi tele di Mario Schifano, realizzate e donate dall’artista al paese del Belice nel 1984. Schifano muore a 64 anni a causa di un infarto.
La mostra di Castiglioncello (Li), curata da Luciano Caprile, è dedicata alla decisiva trasformazione e consacrazione di Schifano che avviene negli anni Sessanta: documenta il paesaggio a quel monocromatismo che costituirà il prologo e l’annuncio della sua stagione più felice.
Il percorso espositivo raccoglie circa 80 opere, presentate in ordine cronologico.
La prima sala espositiva è dedicata ai monocromi, che si propongono subito con due smalti su carta intelata intitolati Congeniali (del 1960) e Vero amore incompleto ( del 1962), in cui il colore compatto occupa totalmente o in parte la superficie delimitata da un riquadro, che idealmente rimanda a uno schermo televisivo o cinematografico.
Verso la fine del 1962 compaiono nelle opere di Schifano dettagli della realtà urbana, i famosi segni iconici (di cui sopra) (come i marchi “Esso” e “Coca Cola”) a rammentare le ricorrenti, tipiche pubblicità della contemporanea società dei consumi.
Schifano, che in quegli anni si divide tra Roma e New York, affronta i temi della “pop art” e li rielabora con spirito autonomo e ironico.
Nel 1963 annuncia la presenza dei “paesaggi anemici”: racconti di visioni appiattite, dove lo spettro cromatico si impoverisce e ogni elemento descrittivo si annulla. Ha affermato in proposito Maurizio Fagiolo Dell’Arco: “Niente cielo, niente tramonto, niente panorama; o meglio, il fantasma del panorama, del tramonto, del cielo”.
La sala successiva è dedicata alla serie del “futurismo rivisitato”, dove la celebre fotografia del gruppo d’avanguardia si presta a infinite variazioni interpretative. Di particolare rilievo il grande smalto su carta intelata del 1965 dal titolo Camminare, che riprende idealmente il tema del movimento di “Bambina che corre sul balcone”, un dipinto concepito da Giacomo Balla nel 1912. In oltre si può ammirare Spazio, sempre del 1965, che proietta nei tentativi di conquista del cosmo l’anelito espansivo del movimento marinettiano.
La produzione del 1967 si concentra in particolare sui paesaggi stellari e sulle “palme”. Così l’artista recupera lo spirito della terra naturale attraverso toni squillanti e antinaturalistici. Per lui la palma è un simbolo di appartenenza. Invece la sequenza denominata Tuttestelle non rimanda a una contemplazione del cielo, ma alle luci riflesse delle insegne dei locali notturni che Schifano riproduce sulla tela usando sagome stellate su cui interviene con spray fluorescenti.
L’ultima sala espositiva è dedicata alla serie Compagni Compagni del 1969 e il 1970. queste immagini di fatti significativi e spesso drammatici, trasmessi dalla televisione, vengono riportate da Schifano su tela emulsionata e sottoposte a un intervento pittorico. Questo il commento dell’artista: “Naturalmente ciò che mi interessava non era la cultura della TV, ma la cultura dell’immagine della televisione”.
Scrive Luciano Caprile nel suo saggio in catalogo: “Così egli ha immaginato ogni giorno il futuro e ce lo ha presentato come programma di continua liberazione ed esaltazione del gesto e del pensiero”.